Ho fatto un incubo…beh, sai la novità… Capita. E poi non dovevi mangiare i fagioli con le cotiche a cena…
Vero….però ieri sera ero stato leggero. E poi questo incubo era…diverso. Strano, forse. E diverso…soprattutto.
Dunque. Faceva freddo. Molto. L’inizio era proprio questo. Una sensazione di gelo. Non un’immagine. Una sensazione. Intensa. Incredibilmente… Reale.
Ti sarai scoperto nel sonno… Là dove sei andato a rintanarti le notti sono fredde, ormai…
Possibile. Anzi, probabile. Però devo dire che era una sensazione forte davvero. Un freddo non normale. Non da autunno, e neppure da normale inverno. Era…glaciale. E mi entrava dentro. Nelle ossa, come si usava dire un tempo, quando gli inverni erano più rigidi… E gli uomini meno adusi al riscaldamento a manetta…
Avevo l’impressione di camminare. Ed era come se ogni passo mi costasse una fatica…immane.
Scivolavo. Come se fossi sul ghiaccio.
Ero solo. Una solitudine tangibile. Che si faceva…nebbia. Perché sì…tutto era avvolto nella nebbia. Forse per questo soffrivo una, quasi totale, assenza di percezioni visive
Quasi totale…in effetti, a tratti, mi sembrava di intravvedere delle figure muoversi intorno a me. Evanescenti. Ancora meno consistenti delle ombre.
Questo, naturalmente, non attenuava il senso di solitudine. Anzi…vi veniva a sommare anche l’emozione della desolazione. Solitudini desolate. Dove tutto, proprio tutto, sembrava essere stato devastato. Annichilito. E anche quelle parvenze di uomini…non erano umane. Erano, o almeno così sentivo, solo involucri. Gusci vuoti.
Camminavo per miglia… chissà perché le distanze, nei sogni, si calcolano in miglia o, addirittura, leghe…mai in chilometri. Forse perché, quello, è il regno delle fiabe, dove non esiste il sistema decimale…
Camminavo per miglia. Sempre solo. Sempre più solo, anzi… Poi, d’improvviso, un suono. Che sembrò spezzare quella, grigia, coltre d’ovatta. E d’improvviso il gelo non era più tale.
Anzi, sentivo il volto ardere. Una sabbia infuocata, portata dal vento. E gli occhi bruciavano. Si facevano cisposi. Intorno, dei volti. Come arrossati dalle fiamme. Sudati. Ben poco umani. L’unica costante. Involucri privi di ogni contenuto umano. Ghiaccio e fuoco. Come se quella fosse la landa di Jothunhaim. E io, dormendo, fossi scivolato, inconsapevole, su un altro ramo del Frassino.
E poi c’era un fiume. Un grande fiume. Questo non era cosa nuova. Lo sogno spesso. Con il cadere in un vuoto senza fine, è una delle mie, personali, ossessioni oniriche. Ricorrenti.
Questa volta, però, nel fiume vi erano…cose. Corpi direi. Ma traslucidi. Come grandi amebe, o meduse iridescenti. E putrescenti… Morti per acqua, mi venne in mente. Nella mente del sogno. Che è tessuto di memorie, sensazioni del giorno, echi, che velano…altro. Ciò che non appartiene alla veglia.
Poi, il tuono. Profondo. Bronzeo. Una sentenza. E tutto finisce. Il gelo e il fuoco. La solitudine. L’angoscia e le amebe. La nebbia…
Resta, solo, una sensazione di…pace.
Come lo interpreto? Semplicemente, non lo interpreto. Non ci provo neppure. Inutile forzare per volervi leggere metafore della vita di oggi. Non avrebbe senso. È stato. Punto…
Per me bevi troppo caffè prima di dormire. Dovresti darti una regolata…
Questo è vero. Troppo caffè. E poi dovrei evitare di leggere, o meglio rileggere prima di coricarmi, opere come “The Waste Land”, o “Maya”. Hanno immagini troppo…potenti. Finisci con il portartele dietro. Fin nella terra dei sogni…