Maurizio Blini, scrittore torinese, fa seguire a “La congiura del geco”, un nuovo avvincente romanzo “Torino. La chiusura del cerchio. Una nuova indagine di Vivaldi e Meucci” (€uro 16,90 p. 352) pubblicato da Fratelli Frilli Editore, che riporta in scena la coppia d’investigatori Vivaldi e Meucci.
Torino, primavera 2019: nel quartiere di Lucento, periferia Nord di Torino, durante i lavori dentro un’area gioco bimbi, sono trovate delle ossa umane, che segnano l’inizio di un’inchiesta enigmatica e complessa per la sezione omicidi della Questura. Contemporaneamente, la Digos torinese pare aver trovato le tracce di un terrorista, che per decenni era riuscito a sfuggire all’arresto.
Le due indagini obbligano gli investigatori a intraprendere un viaggio nel passato, a rivoltare storie, vite e persone, mentre le verità ricercate sembrano scivolare sfuggenti dalle loro mani. Su questo scenario, s’inserisce la vita di Mario, un pensionato che aveva trovato finalmente un equilibrio fatto di serenità e abitudini consolidate, che crolla in seguito agli intrighi avidi e meschini erompenti dal cuore della sua famiglia, obbligandolo a iniziare una guerra spietata e senza esclusioni di colpi, specialmente quando questo conflitto provoca l’emersione di un tremendo segreto del passato, rimosso e nascosto da anni.
La tensione cresce e le due indagini s’intrecciano sempre di più, diventando l’una lo specchio dell’altra, quando all’improvviso nella partita rientrano altri due giocatori, Vivaldi e Meucci, che elaborati i rispettivi lutti, tornano con perspicacia e intuizione, ad affiancare la loro vecchia squadra, seppure a distanza. I colpi di scena si susseguono senza tregua, congiungendo storie e passati, fino allo scioglimento finale, in un’altra terra, che vedrà il compimento di due nemesi, testimone lo sguardo liquido e antico del mare.
Maurizio Blini ha evoluto profondamente il suo stile e la sua capacità di penetrare nei meandri più riposti della società contemporanea. Ha rielaborato e aggiornato gli strumenti del noir e del romanzo epistolare, iniettandovi grazie a musica e natura un afflato proustiano che pervade con tono struggente e arricchisce personaggi dotati di profondità dostoevskijana, cui i luoghi fanno da cartina di tornasole dell’anima, e l’uso sapiente del flusso interiore di Joyce, impedisce a lettori e lettrici d’interrompere la lettura. Valore aggiunto, lo spunto di riflessione sociale sul degenerare contemporaneo dei legami familiari, che all’altruismo e alla riconoscenza verso gli anziani, sostituiscono l’egoismo egocentrico, l’avidità, il tutto ha un prezzo e niente ha valore, che rende il romanzo ancor più meritevole di essere letto.