A volte ci si dimentica la ragione per la quale il racconto della storia viene affidato ai vari Olla, Cazzullo, Scurati e compagnia di giro allineata e coperta. Poi si arriva all’inaugurazione dei Mondiali di calcio in Qatar e, di fronte all’indignazione delle vergini offese, si comincia a ricordare che il vero compito degli storici della gauche quinoa è la cancellazione della memoria. Così tutti osservano disgustati un Mondiale senza la squadra italiana e pensano alla corruzione, alle mazzette, al denaro sparso a piene mani dagli emiri. E nessuno che ricordi il denaro della Coca Cola per scippare ad Atene le Olimpiadi del centenario.
Ma già, siamo atlantisti e la corruzione statunitense fa bene alla salute mentre quella qatariota è un insulto alla purezza dello sport. Quella purezza che porta alla naturalizzazione di atleti – in ogni disciplina sportiva – che nulla hanno a che fare con il Paese per il quale gareggiano a pagamento. Per non ricordare gli scandali domenicali degli arbitraggi calcistici italiani, i vergognosi verdetti olimpici nella boxe o nelle arti marziali, i casi di doping veri ed inventati oppure appositamente ignorati.
Però l’unico scandalo da stigmatizzare, in Italia, è quello del Qatar. Un atteggiamento comprensibile, certo. La Coca Cola investe molto per la pubblicità sui media italiani. Dunque lo scandalo di Atlanta può e deve essere dimenticato. Tutt’al più ci si fa una bella risata e finisce lì.
Il Qatar, al contrario, acquista immobili, interi quartieri delle città italiane. Investe in azioni ma, poi, non spende un centesimo per sostenere mediaticamente le proprie iniziative. Forse gli emiri sono disgustati dal livello dell’informazione italiana e ritengono uno spreco investire i petrodollari in giornali e tv privi di qualsiasi credibilità. Ed i media si vendicano.
Non sembra, tuttavia, che l’indignazione italiana susciti grandi preoccupazioni a Doha. I mondiali li hanno ottenuti, la loro ricchezza non diminuisce, la bolla immobiliare milanese non è ancora scoppiata e loro ci guadagnano. Dunque i chierici italiani possono pure latrare liberamente. I social possono scatenarsi. E, dopo, gli indignati più ricchi potranno spendere 11mila euro al metro quadro per acquistare un alloggio a Milano di proprietà qatariota.
In fondo a Doha interessa solo quello. Non si preoccupano minimamente di promuovere la cultura araba e la religione islamica. Il divieto di bere alcolici ai Mondiali è pura ipocrisia, non a caso sono stati previsti locali dove ci si potrà anche ubriacare, pagando cifre assurde. Il business è più importante delle proibizioni religiose. Bisogna fare un po’ di scena per accontentare i fedeli dei Paesi vicini e, nel frattempo, si incassa tanto denaro dagli infedeli. Indignati, ma pronti a pagare.