Non è iniziata bene la stagione di Coppa del mondo di Sci Alpino. Male gli uomini, con l’ottavo posto di De Aliprandini, il ventesimo di Maurberger ed il ventiseiesimo di Tonetti; malissimo le donne, e non soltanto per il modesto sedicesimo posto di Sofia Goggia, unica atleta azzurra andata a punti, ma anche e soprattutto per le polemiche sorte all’interno della squadra per il team privato che allena Brignone. Lo sci è indubbiamente uno sport individuale, dove gli atleti sono soli nella lotta contro il cronometro e contro i pali, ma il clima all’interno di una squadra è fondamentale per la serenità dei campioni che devono allenarsi e gareggiare senza pensieri sulle strategie economiche della federazione e sulle rivalità interne.
Per il resto il risultato della prima gara, maschile e femminile, può essere solo un episodio sfortunato, od anche il frutto di una preparazione rivolta alle Olimpiadi invernali di febbraio in Cina. Un appuntamento a cui pensano tutti e che non ha però impedito ai favoriti di ogni nazione di ritrovarsi ai primi posti anche nella gara di esordio. Stati Uniti, Svizzera, Austria, Francia, Slovenia, Norvegia: ci sono tutte le principali nazioni dello sci nei primi posti.
Può essere un banale problema di allenamenti. Oppure può essere anche la conseguenza di una assurda politica di turismo invernale e dello sci in particolare. Non soltanto perché lo scorso anno gli impianti di sci italiani sono stati chiusi dagli esperti di farfalle mentre sull’altro versante delle Alpi si poteva sciare. Non è un anno di stop che cambia la situazione di un settore in profonda trasformazione.
Lo sci non è mai stato uno sport per poveri. Però, in Italia, si è trasformato in uno sport esclusivamente per ricchi. Gli stagionali o i biglietti per utilizzare gli impianti di risalita per un solo giorno hanno raggiunto prezzi folli che continuano ad aumentare. I gestori si vantano di puntare solo su un turismo di élite ma, in questo modo, si restringe drasticamente il numero di praticanti in cui scovare l’eventuale atleta e l’ancor più eventuale campione.
Anche perché gli sciatori “cittadini” che arrivano sulla neve nei fine settimana, spesso non sono disposti ad affrontare i tanti sacrifici richiesti da una vita da atleta. Così si restringe ulteriormente la scelta dei giovani da avviare all’agonismo.
Ma meno campioni significa anche minor interesse e minor interesse porta ad un minor numero di sciatori pronti a spendere un quarto dello stipendio mensile per una giornata sulla neve con consorte e figli. E questo penalizza hotel, bar e ristoranti in montagna, produttori di abbigliamento e di accessori, operatori turistici. Ma, alla fine, colpirà anche i gestori degli impianti di risalita che hanno creato il problema iniziale.