Tutti attenti alle sanzioni ed alle contromisure sui prodotti di alta tecnologia per eventuale uso militare; tutti distratti sulle limitazioni alle esportazioni di cibo. Con l’unica eccezione della menzogna sul grano ucraino che non potrebbe più raggiungere i Paesi poveri dove non è arrivato neppure con gli accordi precedenti poiché la banda Zelensky ha preferito venderlo in Occidente ed anche in Cina a prezzi maggiorati.
Ma a parte questa bufala indecente propinata dai media italiani, la distrazione è massima sul blocco delle esportazioni di riso indiano, di grano del Myanmar, delle cipolle indiane e marocchine, dei pomodori sempre dal Marocco.
Non sono effetti di qualche sanzione politica bensì del cambiamento climatico e, in alcuni casi, di malattie che hanno colpito piante ed animali. Ed è ancora peggio, perché i contrasti politici e commerciali si possono risolvere, la mancanza di prodotti alimentari no. E se non si tratta di mancanza ma solo di carenza, le conseguenze le notano i consumatori, costretti a pagare cifre assurde anche per cibi quotidiani. Cifre assurde anche quando contadini ed allevatori continuano a ricevere compensi estremamente bassi.
Un problema particolarmente grave in Italia dove, ovviamente, non si fa assolutamente nulla per affrontare una situazione destinata a peggiorare ulteriormente. Perché intervenire significherebbe andare a toccare rendite di posizione ormai consolidate. E nessuno vuole mettersi contro le catene della grande distribuzione o contro gli oligopoli della logistica.
Certo, anche i produttori si impegnano per non cambiare una situazione che li penalizza. Prima strillano perché, in panetteria, il pane ha prezzi folli mentre il grano viene pagato una miseria. Poi, quando vengono organizzati i mercati contadini, il prezzo del pane venduto direttamente è identico a quello della panetteria così esosa e cattiva. E vale per qualsiasi altro prodotto, dal latte alla verdura e alla carne. Alla faccia del ministro miracolato che racconta di prodotti con prezzo ridotto se acquistati dal produttore. Ignorando non solo la realtà ma anche il costo della benzina per raggiungere i produttori.
D’altronde il fortissimo ridimensionamento dei gruppi di acquisto solidale è anche la conseguenza di questo dato di realtà che, evidentemente, il ministro ignora. Ma non è che da un miracolato si possa pretendere molto.
Ci sarebbe invece da aspettarsi qualcosa da un governo che non dovrebbe ignorare la carenza alimentare italiana. Non siamo più all’epoca della battaglia del grano. Non possiamo illuderci su un’autarchia alimentare ma dovremmo, perlomeno, sostenere l’agricoltura rimasta. Non quella delle multinazionali che acquistano i terreni. Non quella degli ambientalisti che distruggono l’ambiente per installare pannelli fotovoltaici. Non quella dei confindustriali che hanno imposto di spacciare per italiano l’olio ottenuto da olive arrivate da chissà dove ma imbottigliato in Italia. Ma idee dal ministero proprio non arrivano. E si prosegue con la farsa dei prezzi degli alimenti base bloccati dopo averli fatti crescere a dismisura. Come far rimpiangere la battaglia del grano..