Con Orazio ho sempre avuto un rapporto complicato. Intendo Orazio il poeta latino dell’età Augustea, non l’efficiente cavallo Disneyano, che sembrava contendere a Pippo le grazie di Clarabella… precisazione doverosa, visto lo stato in cui versano le nostre scuole…
Comunque Quinto Orazio Flacco era un grande poeta. Perfetto nella metrica, musicale, con immagini straordinarie. E su questo niente da dire…
Però non mi convinceva. O meglio ancora, non mi prendeva. Mi sembrava mancare di qualcosa. Di pathos, direi.
Non aveva la passionalità tormentata di un Catullo. Nessuna Lesbia nella sua poesia. E, presumibilmente, nella sua vita. Ché se uno incontra una donna come la Clodia Pulchra, mica può fare finta di niente…o almeno così mi dicevo. Solo amori leggeri. Effimeri. Vissuti con distacco e ironia. Insomma, roba che da ragazzo stentavo ad apprezzare. E, soprattutto, a capire.
Certo, sapeva descrivere la natura in modo mirabile. L’ode alla Fons Bandusia, tanto per fare un esempio lo dimostra.
Tuttavia, anche in questo percepivo una sorta di distacco. Mi sembrava mancare quella…emozione religiosa che trovavo nel Virgilio georgico. Il vero Virgilio, o comunque il più autentico. Almeno stando ad Ettore Paratore.
Vabbè, dirà qualcuno. Normale. Orazio era epicureo, e quindi perseguiva l’atarassia. Il distacco. Vero. Però era epicureo, e ben più di lui, anche Lucrezio. E Lucrezio mi piaceva da matti. Quella sua potenza tragica, quel suo senso della caducità delle cose. E, soprattutto, il continuo agone con le passioni. Altra cosa, dicevo. C’è epicureo ed epicureo, aggiungo oggi..
Ne parlai, una volta, con il mio vecchio prof. di italiano del Liceo. Un omone che eravamo usi chiamare “ciglione”, per le sopracciglia folte come pellicce di castoro. Per l’italiano era abbastanza noioso. Un vecchio crociano, che ben poco apprezzava Leopardi, Pirandello, D’Annunzio… Preferiva decisamente Ariosto a Dante…
Però era un grande latinista. E così gli espressi i miei dubbi sul poeta di Canosa (Orazio, per chi non lo sapesse, era pugliese).
Ricordo che scosse la testa, sbuffando. Come era solito.
“Sei troppo giovane per apprezzare Orazio. Aspetta di avere la mia età…”
Bene. Ora quella età l’ho raggiunta. E probabilmente superata, visto che, allora, gli insegnanti andavano in pensione un bel po’ prima…Non c’era ancora stata la, simpatica, signora Fornero. Cui, per inciso, vanno ogni giorno i miei più fervidi ringraziamenti e le mie preci…
L’ho raggiunta, e, certo, Orazio lo capisco molto meglio. Anche perché l’ho dovuto spiegare per quaranta anni a classi di grebani e coatti.
Ora mi piace di più, certo. Però…
Però, mi continua a frullare in testa ciò che di lui scrive Pound.
Leggetelo, per imparare tutto sulla poesia. Senza essere poeti.
Elogio della tecnica, quindi. Della sua padronanza assoluta dello strumento. Ma non della sua poesia.
Questo non significa che, per Pound, Orazio non fosse poeta vero. E grande. Solo che non lo riteneva capace di ispirare amore per la poesia. Per altre cose sì, come la lingua latina, perfetta, la filosofia, la cultura… Ma per la poesia proprio no. E non credo avesse tutti e torti. Catullo, molto meno perfetto, ispira il Foscolo. Orazio, Vincenzo Monti. E vi è una bella differenza…
Comunque, Orazio è, per molti versi, un buon maestro. Ti insegna tante cose. E non solo la “ars poetica”. Che oggi sembra non interessare più a nessuno.
I sui ammaestramenti mi sembrano, più passa il tempo, utili per la vita quella quotidiana, normale. Se vogliamo, banale.
Soprattutto alcuni.
Anzi, uno in particolare. Quello del non preoccuparsi (troppo) del futuro. Quando dice ad una fanciulla, forse un momentaneo amore: bevi vino filtrato da poco….
Ovvero non aspettare che invecchi, sperando che migliori. Il carpe diem, in altra versione, in buona sostanza…
Mi fa riflettere. Perché, vedete, è qualcosa che, oggi, andrebbe meditata. E non presa come un invito alla leggerezza. Un elogio dell’effimero. Anzi…
Noi siamo ossessionati dal futuro. Nella vita pubblica come in quella privata. Vorremmo poter programmare ogni cosa. L’incerto ci terrorizza.
Però tutto questo affannarci, questo tentare di prevedere e programmare, questo preoccuparci, produce un’unico risultato certo. Che rinunciamo a vivere il momento. A godere di ciò che possiamo avere qui ed ora. A lasciarci andare alle passioni senza paura. Tutto con la giustificazione di attendere il momento propizio. Che, però, potrebbe non giungere mai.
Certe volte dovremmo ricordarci dei Dinosauri. Magari un Dinosauro diceva all’altro: perché non andiamo a mangiare ora quel bel gruppo di felci? (o quel che diamine amavano mangiare i dinosauri).
E l’altro scuoteva il testone :
Meglio tenerle da parte per il futuro… Dobbiamo essere cauti e programmare..
Intanto, però, stava arrivando il meteorite….
Ecco, probabilmente Ciglione intendeva dirmi proprio questo. Cominci ad apprezzare Orazio quando capisci che il meteorite potrebbe arrivare all’improvviso. Mentre tu sei lì che programmi il futuro…
E allora..
E allora, di colpo mi viene in mente Catullo. Diverso da Orazio. Diversissimo. Ma concorde su un punto.
Viviamo, mia Lesbia, e amiamo. E non curiamoci dei brontolii dei vecchi troppo severi…