Irlanda del Nord al voto e i sondaggisti pronosticano un successo, storico, per il Sinn Féin. Sì, proprio il partito dei nazionalisti che, in passato, era considerato il braccio politico dell’Ira. I tempi sono cambiati ed ora il Sinn Féin – che al Tg5 poubelle pronunciano come se fosse “senza fieno” in francese con venature patoissantes (ma al tg di Mimun, nella stessa edizione di ieri sono riusciti a parlare di regìe Poste, come se si trattasse di un film e non delle poste in epoca monarchica) – ha perso la vocazione rivoluzionaria ed armata.
Nel programma del partito non si insiste neppure troppo sulla riunificazione con l’Eire, l’Irlanda libera del sud. Si punta di più sul quotidiano, su prezzi, lavoro, sicurezza delle famiglie. D’altronde la complicatissima situazione dell’Irlanda occupata dalla Gran Bretagna – ma ovviamente si tratta di un’occupazione a fin di bene, per esportare la democrazia londinese ai barbari irlandesi – non lascia molti spazi alle illusioni di libertà e indipendenza.
A prescindere dai risultati elettorali, la colonia nordirlandese avrà due primi ministri: uno per tutelare i cattolici irlandesi ed uno che difende gli interessi dei protestanti al servizio di Londra. Anche se, ormai, le questioni religiose sono più un retaggio del passato che una realtà su cui confrontarsi in modo violento. Però è importante vincere le elezioni per evidenziare la propria forza e per ottenere il primo ministro numero 1.
La sostanza non cambierà di molto. Di referendum per staccarsi da Londra non si parla. Boris Johnson non lo vuole, così come non vuole quello in Scozia. I popoli devono essere liberi di esprimersi, ma altrove. Con una differenza sostanziale, però: gli scozzesi vogliono il referendum perché non hanno gradito la Brexit mentre i nord irlandesi non sembrano eccitarsi più di tanto per la prospettiva. Badano più agli aspetti concreti. In fondo è la stessa situazione che si è evidenziata in Francia, dove Marine Le Pen ha trascurato gli aspetti ideologici in campagna elettorale, preferendo dedicarsi agli aspetti più concreti, più materiali. Al costo del pane, all’occupazione, alla violenza che dai sobborghi si sposta verso il centro delle città.
Il Sinn Féin ripropone il medesimo modello di campagna elettorale. Un fenomeno interessante. E che solo all’apparenza facilita il compito ai politici. Perché in realtà è più facile parlare mezz’ora di massimi sistemi senza saper nulla di ciò che si dice piuttosto di affrontare i singoli problemi della vita reale. La dimostrazione, clamorosa, era arrivata dall’allora ministro dell’Economia, Padoan, che non aveva la più pallida idea di quanto costasse un litro di latte.
È vero che i parlamentari italiani, nelle interviste estemporanee, hanno dimostrato di non saper nulla di storia e geografia, ma molti di loro ignorano il prezzo della benzina, di un kg di pane, del biglietto del cinema. Dunque anche una politica del quotidiano rischia di essere troppo complicata per quella miseria che ricevono ogni mese per sopravvivere stentatamente.