Ci sono libri di storia inutili, la maggior parte. Ce ne sono di interessanti, pochi. Ma capita di rado di imbattersi in volumi che non solo sono estremamente documentati ma che dovrebbero anche rappresentare dei manuali imprescindibili per tutti quei politici che si devono occupare di questioni internazionali. Cioè tutti, dal momento che ogni settore ha collegamenti con il mondo.
Ma “Suez, il Canale, l’Egitto e l’Italia”, scritto da Marco Valle e pubblicato da Historica, dovrebbe essere studiato a fondo dai tecnici e soprattutto dagli esponenti della società civile che blaterano di globalizzazione in ogni occasione.
Perché, a proposito di occasione, tutta la storia del Canale di Suez si dimostra una grande opportunità persa dall’Italia, prima ancora che l’opera venisse avviata. Valle ripercorre la storia del canale navigabile che univa Mediterraneo e Mar Rosso già in epoca faraonica e poi romana. Per essere poi abbandonato e insabbiato con l’avvento dei condottieri islamici.
Ma il ricordo rimaneva, insieme alla consapevolezza dell’importanza vitale, per l’Italia, di un ruolo nel controllo del Mediterraneo. E furono ancora gli italiani i protagonisti dei progetti che portarono alla realizzazione del Canale: il trentino Negrelli, fedele suddito di Vienna, e il lombardo di origine greca Paleocapa, ministro a Torino del Regno di Sardegna. Truffati dal francese Lesseps che si prese i meriti, e gli enormi guadagni.
Il libro di Valle è ricco di spunti storici, ma anche di analisi imbarazzanti non tanto per i politici quanto per la società civile italiana, arretrata ed incapace di comprendere l’importanza della posta in gioco ed i vantaggi che ne potevano derivare.
Cavour aveva compreso tutto e cercò di preparare il Regno Sardo ma si scontrò con piccinerie e rivalse. Progettò un rafforzamento commerciale del porto di Genova, con trasferimento militare a La Spezia ma venne ostacolato dai genovesi per la rivalità con Torino. E sempre Cavour rafforzò i collegamenti ferroviari pensando al futuro dell’Italia come Paese di transito delle merci in arrivo dal Canale e dirette verso il Nord Europa.
Ma i privati non investivano sulle navi, non investivano sui porti e sui retroporti. Allora come adesso. La differenza è che allora i politici avevano uno sguardo strategico che adesso pare mancare. Non solo Cavour, ma anche Crispi, Mussolini, Fanfani (con Nasser per superare la crisi dopo l’aggressione anglofrancese ed israeliana).
Tutti attenti ai rapporti con l’Egitto, sponda perfetta per una politica mediterranea dell’Italia. Passando per Mattei, assassinato dal cartello delle compagnie petrolifere che non tolleravano il suo attivismo a favore dell’Italia.
Che, nel corso del tempo, ha avuto sempre un rivale scorretto nei rapporti con l’Egitto: l’Inghilterra. Un nemico che ha sempre giocato sporco e che non ha ancora smesso, ancora infastidito dai nuovi successi dell’Eni, unico protagonista della politica estera italiana.
Non a caso Valle termina il libro ricordando la vicenda Regeni nella quale il ruolo inglese è evidente a tutti tranne che ai media di servizio italiani.