Quando si parla di fuga di cervelli o, secondo la vulgata del politicamente corretto, di “mobilità lavorativa internazionale”, si pensa di solito che ad essere coinvolti siano soltanto i maschi. E invece così non è
Dal rapporto 2017 Italiani nel Mondo della fondazione “Migrantes” della Conferenza episcopale italiana emerge che da gennaio a dicembre del 2016 le iscrizioni all’ Anagrafe Italiani Residenti all’Estero (AIRE) per solo espatrio sono state 124.076, delle quali 55.167 da parte di donne, pari al 44,5%. L’età è compresa tra i 18 e i 34 anni e il dato è in costante aumento.
Pare che all’estero le possibilità di lavoro per le donne siano particolarmente favorevoli
È quanto si evince da un recente rapporto di InterNations, la più grande community internazionale delle persone che vivono e lavorano all’estero, 3 milioni di membri in 390 città del mondo.
7.000 donne che si sono trasferite all’estero dai loro paesi di origine, e che vivono in 168 nazioni diverse, hanno risposto a un sondaggio di Expat Insider che ha consentito di stilare una classifica dei dieci paesi in cui le donne possono intraprendere maggiormente una carriera lavorativa. Si tratta di Messico, Myanmar, Cambogia, Bahrein, Nuova Zelanda che occupano le prime cinque posizioni; Kazakhstan, Gran Bretagna, Usa, Kenia, Irlanda che occupano invece le posizioni dal sesto al decimo posto.
Naturalmente non c’è l’Italia
paese da cui le giovani donne, come i loro coetanei maschi, preferiscono andare a cercare altrove opportunità di lavoro più favorevoli.
Questa classifica è stilata in base alla media di tre fattori:
livello salariale superiore, aspettative e soddisfazione per le prospettive di carriera, orario settimanale di lavoro.
Più della metà (51%) delle donne intervistate si dichiara soddisfatta delle opportunità di carriera. Ma allo stesso tempo, un terzo di loro crede che il loro reddito all’estero sia inferiore a quello che potrebbero percepire svolgendo lo stesso lavoro nel loro paese d’origine. Inoltre, la maggior parte delle donne che si trasferiscono all’estero per motivi lavorativi ha trovato un lavoro autonomo.
Ma ciò che balza agli occhi, in base a quanto si scopre dallo stesso report, è che a livello internazionale soltanto il 21% di coloro che si trasferiscono è rappresentato da donne, mentre l’Italia, come abbiamo visto, ne “esporta” quasi la metà.