C’è una cosa mignola mignola, che i mastri pensatori della sinistra italiana non hanno mai capito: il carattere del nostro popolo. E non l’hanno capita non perché manchino loro le letture giuste, da Foucault a Todorov: anzi, potrebbero sciorinarvi pagine e pagine di dati e di statistiche.
Non l’hanno capita, né mai la capiranno, perché il concetto di carattere nazionale, l’idea che una Nazione possieda un’anima, è per loro del tutto incomprensibile, prima che epistemologicamente inaccettabile.
Gli Stati sono entità giuridiche, le classi sociali categorie politiche: ma l’anima pertiene alla sfera spirituale: e un materialista nega perfino che possa esistere una sfera spirituale. Invece, gli Italiani un’anima ce l’hanno: un’animella piccina picciò, intendiamoci, un’anima minuscola, nascosta tra le pieghe dei nostri molti ed enormi difetti. E’ quell’anima che, travestita da tifo calcistico, ci scaraventa in piazza, dopo tre pappine alla Germania: è l’anima dei poveracci, degli underdogs, che, una volta ogni tanto, possono suonare la tromba del proprio orgoglio.
E’ un’anima piccola, certo, ma pericolosa; è come quando la Ninetta, dopo una vita intera di angherie, subite in nome dell’amore, si rivolta ed esclama: el cul l’è mè, vuj fann quell che vuj mi! E la rivolta delle Ninette è una rivolta senza esitazioni: non si può tirare la corda oltre il limite, perché, altrimenti, anche il più mite dei sottomessi diventa una belva.
Ecco, questo non riescono a comprendere i vari Orfini, Fratoianni, Migliore: non si rendono conto che perfino quegli Italiani, considerati sempre e solo popolo bue, da intortare a suon di chiacchiere, possono, prima o poi, incazzarsi. Che la gente qualunque, i milioni di poveri cristi che tirano la carretta da mane a sera per quattro palanche, possano essere stufi di essere sempre i peggiori: ladri, evasori, ignoranti, razzisti, imbroglioni, miserabili, vigliacchi.
E, finchè ce lo dicono gli altri, ci si può pure rifugiare negli opposti sciovinismi: mangiapatate contro macaroni. Ma se sono degli Italiani a scaricare quotidianamente vagoni di merda sul proprio Paese, a tifare sempre per gli altri, ad odiare sistematicamente la propria Patria e i propri compatrioti, come ha preso a fare la sinistra da qualche anno a questa parte, il risultato non può essere che il risveglio di quella coscienza dormiente, di quell’anima piccolissima, che, di solito, alza il capino da sotto l’ala soltanto ogni quattro anni, quando ci sono i mondiali di calcio.
E badate, signori della sinistra, che la rabbia di un popolo è come un’onda che monta: una volta partita, travolge ogni cosa: per questo perdete consensi, ma non è questo il punto ultimo del fenomeno. La verità è che sta maturando un sentimento molto simile a quello di una guerra civile: Italiani contro Antitaliani, patrioti contro disfattisti. E, quando entrano in campo certi sentimenti, non valgono più analisi e statistiche: in una guerra civile, sia pure a bassissima intensità ed incruenta, il buon senso viene messo da parte ed è solo l’istinto a farla da padrone. Quell’orgoglio nazionale che voi non riuscite a comprendere e che, temo, vi troverà del tutto impreparati, quando verranno a chiedervi il saldo.