A distanza di dieci anni dall’album di debutto “1999” (di cui questo nuovo progetto recupera lo stile della copertina), Joey Bada$$ sembra tornare ad ascoltare il richiamo alle radici dell’hip hop degli anni Novanta e soprattutto della sua New York.
Vaughn Virginie Scott, dopo essersi concentrato sulla propria carriera attoriale, partecipando alla serie di successo mondiale “Mr Robot”, alle attualmente in produzione “Grown-ish” e “Power Book III: Raising Kanan” e, nelle vesti del protagonista Carter James, alla pellicola vincitrice dell’Oscar come miglior cortometraggio “Two Distant Strangers” sulle brutalità della polizia negli Stati Uniti, è tornato alla musica dopo cinque anni dal suo ultimo LP, “All-Amerikkkan Badass”.
Se, nel suo penultimo progetto, il rapper della grande mela si era concentrato sulle tematiche fatte proprie dal movimento “Black Lives Matter” (in modo, a detta di molti, un po’ superficiale), questa sua ultima fatica lo vede proporsi al pubblico sotto una luce decisamente più introspettiva.
Tra i vari a cui è stato via accostato (e cui si paragona anche da sé nel brano “The Baddest”, in cui si chiede “Who the best mcees?” e si risponde “Kenny, Joey and [J-]Cole”), forse l’artista a cui il ventisettenne newyorkese si avvicina di più, e al quale sicuramente guarda come modello, è proprio Kendrick Lamar.
Nel complesso, dal punto di vista musicale, l’album è il trionfo del campione, dimostrando come per questo progetto il focus sia puntato molto sui produttori, con Chuck Strangers, Erick Arc Elliott (anche conosciuto come Erick the Architect) e McClenney dei Flatbush Zombies, Kirk Knight, DJ Premier, Cardo Joint, Mike WiLL Made-It, Heavy Mellow, BBEARDED e il dominante Statik Selektah che innervano le tracce dell’album con strumentali che fanno la differenza (da considerarsi, nel panorama del genere, uno dei migliori producers in circolazione: “Automatic classic when Joey get on a Statik beat”).
Il picco artistico del disco può essere considerato “Survivors Guilt”, brano nel quale Bada$$ affronta la morte del suo collega e amico Capital Steez, cofondatore del collettivo Pro Era di Brooklyn che si è tolto la vita a 19 anni nel dicembre del 2012 e il rapporto con suo cugino maggiore Joseph B, aprendo il suo cuore con una sincerità ed una schiettezza inedite.
Risalta il contrasto con la durezza spaccona dello stereotipo del testo rap che, molto spesso, in questo disco lascia spazio all’introspezione e alla riflessione. Un brano che parla di mancanze, che riconsidera un passato con il quale Joey sembra voler regolare i conti.
“Head High” ripercorre il rapporto con un altro celeberrimo defunto, il trapper XXX Tentacion, ucciso nel 2013, mentre in “Brand New 911” così come, per la verità, in altri passaggi dell’album, si tocca il tema della salute mentale.
Nel brano, dedicato all’iconico modello di Porsche, la fa da padrone l’ostentazione della possibilità di potersi permettere di comprare auto di lusso, ma la quartina chiave si potrebbe individuare in quel “We all got the power, you just gotta peek and see for yourself//’Cause when you stay connected to source, you won’t need nothin’ else//Still I went and copped me the Porsche, just for my mental health”.
Non è la prima volta, del resto, che l’artista dimostra una particolare sensibilità per l’argomento: molto interessanti sono le riflessioni svolte dallo stesso, nel 2019, in un dialogo con lo psicologo Siri Sat Nam Singh uscite in un video del canale web Vice.
Nei brani “Head High” e “Where I Belong”, invece, si trattano i temi della violenza e delle armi, con riferimento al legame che lega il rapper al suo passato di quartiere.
Tutti i featuring sono di grande blasone, anche se non tutti hanno riscosso l’approvazione del pubblico; il brano più discusso è stato sicuramente “Welcome Back” con Chris Brown e Capella Grey, molto esplicito nel descrivere le fantasie sessuali del classe ’95, in forte antitesi con la successiva “Show Me”, in cui il sentimento viene trattato in maniera più essenziale.
Sono presenti anche Larry June in “One of Us”, Puff Daddy, a rappresentare il legame con la New York anni Novanta della Bad Boy Records, NAS, Westside Gunn, che riporta in contatto i collettivi Pro Era e Griselda e J.I.D. della ormai affermata fucina di talenti Dreamville.
Nel complesso, il progetto, indipendente e svincolato da contratti con major discografiche come d’abitudine per Joey Bada$$, è profondo e riflessivo anche se, in un’intervista ad AmA, l’artista aveva detto che avrebbe affrontato il processo di realizzazione dell’album per divertirsi, con leggera naturalezza.
Di sicuro, il risultato è interessante, a cavallo tra un suono vintage e tematiche attualissime e stimolanti.