Kamala Devi Harris è una politica statunitense, ha 55 anni, è nata a Oakland ed è figlia di un giamaicano e una indo-Americana. È una delle due senatrici per lo Stato della California (assieme a Diane Feinstein) ed è un esponente del Partito Democratico. Nel 2003 fece la sua prima campagna elettorale come procuratrice distrettuale di San Francisco – un ruolo elettivo, negli Stati Uniti – diventando la prima persona afroamericana a svolgere quell’incarico in California. Nei sei anni successivi si affermò e si fece apprezzare dai Democratici locali, dove si distinse per essere tra i magistrati più progressisti e, quando nel 2010 si candidò a procuratrice generale della California, ricevette sostegni importanti come quello della senatrice Diane Feinstein e della speaker della Camera Nancy Pelosi: vinse quelle elezioni, e ottenne anche la rielezione e la scelta dal candidato democratico Joe Biden come candidata alla vicepresidenza per le elezioni presidenziali del 2020.
È importante puntualizzare che nel 2016 si candidò al Senato, sfidando un’altra politica Democratica (in California non si elegge un senatore Repubblicano dal 1991) e vincendo con grande scarto. La California ha 40 milioni di abitanti e una delle economie più grandi del mondo: farsi eleggere a una carica monocratica in quello stato, superando una competizione molto agguerrita pur dentro il suo stesso partito, non è meno difficile che diventare primo ministro di una nazione di medie dimensioni. In quanto afroamericana sembrerebbe essere stata scelta da Biden per dare voce alle minoranze.
Il successo di Kamala Devi Harris è stato decretato dal suo alto gradimento alla sinistra americana. “Ho il grande onore di annunciare che ho scelto Kamala Harris – una combattente senza paura e uno dei migliori funzionari pubblici del Paese – come mia compagna di corsa”, ha scritto Biden su Twitter. “Ai tempi in cui Kamala era procuratore generale, lavorava a stretto contatto con Beau. Li ho visti sfidare le grandi banche, sollevare i lavoratori e proteggere donne e bambini dagli abusi. Allora ero orgoglioso e ora sono orgoglioso di averla come mia partner in questa campagna”, ha aggiunto lo sfidante di Trump. “Joe Biden può unire il popolo americano perché ha passato la vita a combattere per noi. E come presidente, costruirà un’America all’altezza dei nostri ideali. Sono onorata di unirmi a lui come candidato vicepresidente del nostro partito e di fare quello che serve per farlo diventare il nostro comandante in capo”, questa la risposta della senatrice californiana.
È proprio nel 2016, anno in cui vinse Trump, che la Harris conquista il Senato. Il suo modo di fare politica la accredita davanti a un pubblico democratico tanto da farle meritare il soprannome di “Obama donna”.
Da subito dichiara guerra a Donald Trump. In senato il prestigio e la sua statura politica si affermano immediatamente: i suoi «interrogatori» all’ex ministro della Giustizia Jeff Sessions durante varie audizioni diventano virali e la accreditano davanti a un pubblico democratico a caccia di un volto nuovo per il partito.
Da qui la decisione di provare a correre per la Casa Bianca: nonostante ci metta tutta se stessa non ce la fa ed è costretta a ritirarsi, affermandosi però come una delle rivali più agguerrite di Biden nel corso delle primarie. È salito alle cronache l’aspro confronto fra i due nel corso di uno dei dibattiti, durante il quale ha rinfacciato a Biden di essersi compiaciuto della collaborazione con due senatori segregazionisti negli anni ’70.
Non contenta, Harris aveva continuato raccontando di conoscere una ragazzina nera che per fortuna poteva andare in una scuola migliore grazie al servizio di scuolabus istituito per le minoranze che vivevano nei quartieri più disagiati, servizio al quale – ricorda – il senatore Biden si era opposto: «Quella ragazzina ero io».
Il soprannome ingombrante di «Obama donna» non sembra averla mai spaventata, anzi, la senatrice si è sempre mostrata pronta a raccogliere le sfida. L’ex presidente non ha mai nascosto la sua ammirazione per Harris, ma nonostante questo lei ne ha preso le distanze sulla politica delle espulsioni degli immigrati illegali. «Non ero d’accordo con il mio presidente», il cui ordine era procedere con le espulsioni di ogni immigrato senza documenti, a prescindere dai loro precedenti penali, ha detto durante il primo dibattito fra i candidati democratici al 2020.
La risposta di Trump a Biden per questa scelta non si è fatta attendere: “Perfetti insieme, sbagliati per gli Usa”. Dopo l’annuncio del nuovo ticket dem il presidente Donald Trump ha pubblicato un post velenoso su Twitter. Il tycoon twitta un video in cui attacca la Harris, espressione di quella sinistra radicale che vuole aumentare le tasse di miliardi di dollari. La “falsa” Harris e il “lento Joe sono perfetti insieme, ma sbagliati per gli Stati Uniti”. In conferenza stampa, ha poi continuato l’attacco: “Mi sorprende che sia stata scelta, ha fatto molto male nelle primarie democratiche. Vuole aumentare le tasse, è contro il fracking, vuole togliere la copertura sanitaria a milioni di americani”.
A complimentarsi per la scelta di Biden è Nancy Pelosi, che ha definito la nomina una “tappa fondamentale per il Paese”. Consensi anche da Mary Trump, la nipote del presidente e autrice del libro critico sul tycoon. “Ci riprenderemo il Paese. Grazie Joe Biden. Kamala Harris sarà il nostro prossimo vice presidente”, ha twittato. Ha esultato anche la Naacp, la principale organizzazione dei neri d’America: la nomina è un “momento cruciale nella storia americana”. Tra i sostenitori del nuovo ticket c’è anche Obama, che ha affermato: “E’ una bella giornata per il nostro Paese. Ora vinciamo”.
Per Biden si tratta di una svolta nella campagna elettorale, stravolta dal ciclone coronavirus. Una svolta che arriva a meno di una settimana dalla convention democratica online che si apre lunedì e per la quale sale l’attesa con il passare delle ore: in gioco c’è la Casa Bianca occupata da quello che i liberal considerano il nemico per eccellenza, Trump. I democratici lavorano senza sosta dietro le quinte per organizzarla seppure in modalità online. Ci saranno molti volti noti a partecipare alla convention, da Barack e Michelle Obama, a Bill e Hillary Clinton, il governatore di New York Andrew Cuomo e l’ex candidato Bernie Sanders. Ma c’e’ anche il volto nuovo del partito, quello più progressista rappresentato dalla pasionaria Alexandria Ocasio-Cortez che per la prima volta è invitata a prendere la parola accanto ai grandi nomi democratici in quello che molti vedono come un trampolino ufficiale di lancio.
È una decisione storica: Harris è la prima donna non bianca candidata alla vicepresidenza nella storia degli Stati Uniti, e la terza donna in generale. Nessuna donna è mai stata eletta alla vicepresidenza degli Stati Uniti, così come alla presidenza. «Una combattente senza paura per i più deboli, e una dei migliori servitori pubblici del paese» ha scritto Biden su Twitter, ricordando il periodo in cui Harris lavorò insieme a suo figlio Beau Biden, ex procuratore generale del Delaware, morto di tumore nel 2015.
Gli esperti di politica americana ricordano spesso che alle elezioni presidenziali nessuno decide per chi votare sulla base di chi è candidato alla vicepresidenza, ed è molto raro che questa scelta permetta di guadagnare voti: ma può farne perdere, se la persona candidata si mette nei guai e incorre in gaffe e scandali. Per questo il passato delle persone eventualmente adatte viene setacciato dallo staff del candidato presidente in cerca di possibili elementi che, se dovessero saltare fuori in campagna elettorale, potrebbero danneggiarlo. La persona candidata alla vicepresidenza viene scelta anche sulla base della sintonia politica con il candidato presidente, della sua efficacia in campagna elettorale e della sua esperienza. Soprattutto nel caso di Biden, che compirà 78 anni a novembre, ci si attendeva la scelta di una persona esperta abbastanza da poter subentrare alla presidenza se questo dovesse essere necessario.
La Harris ha un profilo diverso da quello del candidato principale e sembrerebbe la persona ideale per rafforzare la sua candidatura nei suoi punti deboli: non è uomo, non è bianca, non ha cinquant’anni di carriera alle spalle. Kamala Harris è una figura apparentemente radicale, ma di fatto moderata e rassicurante. Come donna di colore, “incarna” nella sua persona tutte le istanze del movimento anti-razzista, riesploso dopo l’uccisione di George Floyd da parte di un poliziotto bianco a Minneapolis. La scelta della vicepresidenza per Biden era un capitolo delicato, forse decisivo per la sua corsa. La scelta di Kamala Harris serve a riunire un partito diviso, a dare energia a un candidato che procede con una navigazione inerziale e non riscuote i favori dell’ala più progressista degli elettori