La barbarie, la barbarie. Quando leggo, osservo, ascolto, i segnali che provengono dal mondo, mi pare d’essere un romano del tardo impero:
di osservare con sgomento, misto a fatalismo, l’immenso edificio della civiltà sgretolarsi, una pietra alla volta, sotto i colpi di una forza primitiva ed ineluttabile.
E’ un mondo impossibile, intollerabile, quello in cui viviamo: un mondo in cui sono sovvertite le regole più elementari della logica e dell’umanità. Anzi, in cui logica ed umanità sono diventati valori antitetici: pietre dello scandalo di reciproci, insensati, manicheismi.
Quasi che pensare ed amare fossero termini in figura d’ossimoro: che la carità fosse solo dabbenaggine e il raziocinio crudeltà.
Perché a dominare questi anni rapidi e disperati è la barbarie: il ciangottare frasi senza significato, dando loro valore di nomo. Esattamente come dovettero apparire, ai Greci antichi, i discorsi gutturali dei barbari: di coloro che balbettano parlando, che non conoscono l’articolazione del discorso.
Siamo talmente immersi in questo vaniloquio, in questo proclamare senza riflettere, siamo così infagottati di stupidaggini, di schiamazzi, di bugie, che duriamo fatica a distinguere, le rare volte che v’incappiamo, per sciagurata fortuna, i barlumi di filosofia, gli scampoli di genio e di sensatezza: tutto, ormai, intorno a noi, è confusione, è rissa, è notte fonda.
E, sullo sfondo di questo caotico scomparire della nostra civiltà, vi è, enorme e cataclismica, l’Africa: l’Africa che viene, che ci subentrerà, che cancellerà le tracce di questo nostro passaggio millenario. L’Africa defraudata e sfruttata, ma anche l’Africa incapace di essere altro da noi: non ancora abituata ad immaginarsi libera dai modelli che l’Europa le ha imposto.
Un universo irrazionale e violento, in cui la vita umana vale ancora troppo poco: dominata da signori tribali, carichi di gradi e medaglie, riempiti di denaro dall’Occidente, perché continuino a mantenere africana l’Africa.
E, noi, chiaramente, ormai siamo il nemico: un nemico da invadere. E, forse, è giusto così.
Avremmo dovuto muoverci per tempo: accompagnare i paesi africani verso il benessere, rinunciando al nostro tornaconto immediato, per un tornaconto a lungo termine. Viceversa, come sempre, i governanti non hanno guardato più in là del proprio naso: la Francia, addirittura, mantiene vivo lo schiavismo monetario nelle sue ex colonie.
Così, l’Africa arriva. Per adesso, con derelitte ondate di umanità dolente: poi, mano a mano che gli Africani in Europa saranno sempre più, sempre più forti, verrà a prendersi il nostro stanco mondo.
Credendo di potersi sostituire a noi, come i bambini, quando si mettono le scarpe dei genitori e ne scimmiottano tic e comportamento. Salvo capire, troppo tardi, di avere indossato cose morte, di un mondo morto: quando gli Africani si accorgeranno di essere stati truffati dalla fata morgana dell’Occidente, sarà comunque tardi, per noi e per loro.
Non è dei nostri ridicoli capi, dei comandanti di nessun comando, delle caricature di statisti, la colpa di questo tramonto: loro sono solo marionette di una storia più grande.
La colpa è dei filosofi, dei sapienti, dei dottori: di coloro i quali avrebbero potuto prevedere le variabili del nostro futuro, e hanno preferito baloccarsi con la classe operaia o con le intemperanze sessuali. Senza capire che la vera barbarie era già in loro: nella loro spocchia, nel loro pensare contro il popolo. Neppure senza il popolo, che già sarebbe assolutismo.
E’ loro la colpa: da loro è nato il vuoto che ci portiamo dentro e che ha generato tanto i Macron che i Berlusconi.
Come scriveva Russell, è il declino della civiltà occidentale: solo che è avvenuto dal lato sbagliato del palcoscenico. Ed ora, la barbarie domina. La barbarie, nient’altro.