Il primo ministro Israeliano, Naftali Bennett, ha ribadito come “Israele abbia l’obbligo morale di cercare di porre fine alla sofferenza umana nella guerra in Ucraina”. La mossa del premier israeliano arriva in un momento in cui la diplomazia americana ed europea sembrano incapaci di trovare una strategia efficace. La volontà di Gerusalemme è quella di svolgere un ruolo di primo piano, nella mediazione tra Russia e Ucraina per porre fine alla guerra. Israele pur non appartenendo né alla Ue né alla Nato, è a tutti gli effetti considerata una nazione dello schieramento occidentale, soprattutto come alleato di punta degli Usa.
Un lavoro diplomatico complesso, quello di Bennett – che rientrato in Israele dopo aver incontrato Putin in Russia, il cancelliere tedesco Olaf Scholz a Berlino e aver anche parlato con il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky – cerca di aiutare a creare un dialogo tra tutte le parti. Nel colloquio con Putin, durato tre ore e rivelato da fonti del Cremlino solo poco prima della sua fine, è stato affrontato anche l’accordo a Vienna sul nucleare iraniano, cui Israele si oppone.
Gli ottimi rapporti di Israele con la Russia e con l’Ucraina, si fondano su ragioni storiche: in Israele, infatti, vive una enorme comunità di ebrei russi. Anche in Ucraina si calcola che ci siano almeno 50.000 ebrei (tra cui lo stesso presidente dell’Ucraina Zelensky).
Bennet ha fatto riferimento a un noto adagio rabbinico secondo cui “finché la candela è accesa, c’è tempo per sistemare le cose. Finché la candela è accesa, dobbiamo provare, e forse possiamo ancora intervenire”. Il premier ha anche aggiunto che Israele, con questi accadimenti, si attende prossimamente una “grande Aliyah” ovvero una grande e massiccia immigrazione ebraica dall’Ucraina.
Israele rivendica un ruolo attivo e primario nelle negoziazioni. Pur condannando l’invasione russa dell’Ucraina attraverso il ministro degli Esteri, Yair Lapid. È stato espresso sostegno al popolo ucraino con la richiesta di negoziati, oltre ad accogliere quotidianamente i profughi arrivati dall’Ucraina. In una intervista televisiva, Zelensky ha detto di essere “grato a Israele per il suo sostegno all’Ucraina. “Abbiamo bisogno del sostegno di tutti i Paesi – ha ribadito il presidente ucraino – e abbiamo discusso sul supporto di cui abbiamo bisogno ora e di come coopereremo in futuro dopo la guerra”.
Tante le iniziative del ministro degli Esteri israeliano, Yair Lapid, tra cui la creazione di un centro di assistenza ai rifugiati che sarà a disposizione di tutti gli ucraini in fuga dalla guerra, ebrei o no, fornendo anche loro equipaggiamento invernale, tende, coperte, medicine, cibo. Sarà costruito un ospedale da campo a Leopoli con il coordinamento dello Sheba Medical Center e della cassa mutua Clalit, una delle principali del paese. L’ospedale da campo includerà reparti di maternità e pediatria, un pronto soccorso e un’area di telemedicina che permetterà ai medici in Israele di aiutare i rifugiati a distanza.
Una situazione diplomaticamente delicata per gli israeliani che hanno imposto sanzioni abbastanza limitate ai russi: i jet privati degli oligarchi non possono più atterrare a Tel Aviv. Una scelta dura perché alcuni degli oligarchi hanno origine ebraica e quindi rapporti molto stretti, essendo questi spesso anche donatori e benefattori dello stato ebraico.