“Obbligare artisti, o qualsiasi figura pubblica, a dar voce alle loro opinioni politiche in pubblico e a denunciare la loro patria non è giusto. Questa dovrebbe essere una libera scelta. Come molti dei miei colleghi, io non sono un politico Non sono un’esperta di politica. Sono un’artista e il mio scopo è unire le persone divise dalla politica”. Il soprano Anna Netrebko replica così agli squallidi diktat di Beppe Sala, sindaco di Milano che ha cacciato dal teatro La Scala il direttore d’orchestra russo Valery Gergiev, reo di non aver sputato sulla sua patria.
Ormai i sinceri democratici italiani, dal Pd a Fdi, non si preoccupano più di analizzare, valutare, capire. Forti dell’esperienza della gestione del Covid, si limitano a trasferire nella vicenda Russia/Ucraina i medesimi metodi. Portando ai massimi livelli l’utilizzo della censura. Non basta neppure più vietare le critiche alle politiche folli del petomane di Washington. Macché. I russi presenti in Italia devono pubblicamente dichiararsi disgustati dei comportamenti della propria patria, del proprio governo. Se non fai l’infame non puoi restare qui.
Si ripete, insomma, la stessa vicenda degli italiani in America durante la seconda guerra mondiale. E dei giapponesi e dei tedeschi. Tutti in campi di concentramento, donne e bambini compresi, per il timore che potessero amare la propria terra più degli Usa. Con il piccolo particolare che noi non siamo in guerra e che le persone prese di mira dai sinceri democratici sono artisti, persone di cultura. E dire che proprio i censori di oggi sono gli stessi che si riempivano la bocca di frasi fatte sul ruolo super partes della cultura che travalica i confini.
Ora, però, pretendono l’infamia, il tradimento. Cupio servendi. Nei confronti del pensiero unico obbligatorio. Perché, durante la guerra, almeno esisteva la paura (poco importa se infondata) di sabotaggi interni. Ora Beppe Sala e compagni (e pure ex camerati) hanno il terrore di un pensiero diverso. Persino se non espresso. E vogliono lo sputo su ciò che hanno definito come “nemico”.
Per questo cacciano un direttore d’orchestra, ricattano una cantante lirica, cancellano una retrospettiva dedicata ad un regista cinematografico russo. Ma quale cultura contro la guerra! Loro preferiscono la guerra contro la cultura.
E poi arriva un ragazzotto in cerca di pubblicità e di una candidatura. Posta sui social la sua foto con il logo di Fdi e propone il lockdown (gli atlantisti scrivono in inglese) per chiunque abbia un pensiero favorevole a Russia e Cina. Chiusura totale, blocco dei conti correnti e divieto di lavorare. Tanto per cominciare, poi si vedrà. Qualcuno prova a sostenere che quello del piccolo seviziatore sia un profilo falso, ma cercando in rete si trovano altre simili amenità del futuro parlamentare. D’altronde è perfettamente in linea con lo stile lollobrigidiano..