Sembra un gioco di parole. Eppure esprime una, precisa, realtà. La Cina è vicina. E non è una memoria della canzonetta dei primi anni ’70, quella che, in occasione della grande nuotata dei vecchio Mao nel Fiume Giallo, suonava più o meno:
Arrivano i cinesi,
Arrivano nuotando,
Dice Ruggero Orlando
Che domani sono qua…
Ma ora è tutto diverso. I cinesi sono arrivati. E con loro, con la loro presenza sempre più massiccia, e pervasiva, dobbiamo imparare a fare i conti. E farli seriamente.
Non sto, ovviamente, parlando della presenza cinese nelle nostre città, grandi e anche piccole. Presenza, per altro, capillare… ristoranti, bar, negozi… una presenza alla quale ci siamo, ormai, abituati da anni.
Ma la Cina è ben altro che bazaar in cui puoi trovare di tutto a costi contenuti. La Cina è una grande potenza economica, probabilmente già la prima per produzione industriale. Un grande esportatore, e, al contempo, un mercato sempre più rilevante per il nostro export. Che è, in questo momento, la principale fonte di ossigeno per un sistema industriale soffocato all’interno da politiche fiscali (e non solo) opprimenti, e da una stolida sudditanza politica ed economica ai diktat di Bruxelles.
E questo implicherebbe, necessariamente, un atteggiamento di estrema attenzione nei confronti di Pechino. E un’attenzione estrema alle mosse strategiche del Dragone. E invece…
E invece il nostro governo pensa bene di rompere l’accordo, Memorandum of Understanding, firmato dal governo Conte 1, che ci lega al grande progetto strategico della Via della Seta 2.0.
E lo fa senza alcuna giustificazione economica. Senza motivazioni in qualche modo riconducibili all’interesse nazionale.
Il perché di tale decisione resta celato da fitte nebbie. Un ordine venuto da… oltre Atlantico? Oppure, come altri ipotizzano, il desiderio di essere più realisti del re? Il primo della classe degli allineati e coperti, la cheerleader di interessi geopolitici di… altri? Interessi che, risulta sempre più evidente, non sono quelli dell’Italia. Anzi, collidono totalmente con i nostri.
E non basta mandare un Ministro degli Esteri a cercare di spiegare ai cinesi che restiamo loro amici, anche se rompiamo i patti siglati. Non ci potrebbe riuscire Marco Polo, e neppure Matteo Ricci… figuriamoci un Ministro che, di fronte ai sorrisi, di circostanza, dei politici cinesi, sembrava Alice al té del Cappellaio Matto e del Bianconiglio.
Pacta sunt servanda. E quando non li rispetti devi avere delle ottime ragioni per farlo. Ed aspettarti dei, duri, contraccolpi.
Ma qui non mi sembra vi sia la minima coscienza di ciò che si sta facendo. E di cosa ci potrà aspettare.
Come se il nostro mondo politico – sordo al malessere di quello imprenditoriale – vivesse in una sorta di bolla, di Paese delle Meraviglie, dove la Cina è solo un Paese dei Campanelli da operetta.
Mancanza di senso della realtà. Con qualche eccezione, per fortuna. E di questo si parlerà, oggi, alle 15, al Grand Hotel di Trento, in un convegno del think tank “Il Nodo di Gordio”: “La Muraglia infinita. Prospettive e fantasmi lungo la via della Seta”.
Con la partecipazione di Michele Geraci, Gianni Alemanno, Marco Rizzo e dell’assessore alla cultura Mirko Bisesti.