Toh, chi si rivede! La Cina! Mentre gli atlantisti gongolavano per la crisi del settore immobiliare cinese, e prevedevano disastri economici e sociali a Pechino, i dati per il mese di settembre indicano una ripresa industriale e dei servizi, con un aumento anche di import ed export. Certo, il grande malato asiatico non è guarito e la convalescenza sarà lunga, proprio perché la crisi immobiliare non è stata risolta (nonostante la ripresa in Borsa) e peserà a lungo. Però anche i consumi interni sono ripartiti, a dimostrazione di una ripresa del clima di fiducia.
La prospettiva, per l’intero 2023, è di una crescita del PIL del 4,9%. Inferiore al 5% stimato in precedenza, ma “leggermente” superiore allo 0,8% italiano che manda il governo in brodo di giuggiole.
Ma le nuove strategie di Pechino stanno avendo ripercussioni pesanti in Occidente. Per ora soprattutto negli Usa. Dove la Apple ha perso non poco in Borsa dopo l’indiscrezione relativa al divieto, per i dipendenti pubblici cinesi, di utilizzare i prodotti del colosso yankee. Risposta alla guerra atlantista contro Huawei.
È andata peggio agli agricoltori statunitensi. Abituati ad inondare la Cina di mais nordamericano, insieme a quello ucraino. Ma ora Pechino ha deciso di sostituire le importazioni dagli Usa con quelle dal Brasile. Ma c’era chi, anche in Italia, assicurava che l’alleanza Brics non funzionava. E la botta, per i coltivatori statunitensi, è stata pesante. Come quella che, secondo gli analisti Usa, colpirà i consumatori americani riportando a casa le produzioni delocalizzate in Asia. Prezzi più alti ed inflazione. Ma RimbanBiden è contento così.