Il fatto che l’Italia, per quanto riguarda la libertà di stampa, sia tracollata di diciassette posizioni al 58° posto, ha un duplice aspetto di imbarazzo: il primo riguarda la scadente, se non nulla, indipendenza dell’informazione e il tradimento del suo ruolo di verifica e di approfondimento delle notizie; il secondo, invece, è la giustificazione mistificatoria e manipolatrice delle motivazioni, una scusa che rasenta la retorica della menzogna.
Si dice, infatti, che l’anelito di libertà sarebbe soffocato dalla paura delle denunce e da altre azioni legali, fino al terrore di “rappresaglie” da parte di gruppi estremisti e dalla criminalità organizzata. Un quadro, questo, che descrive l’Italia come un paese in mano a orde di Khmer Rossi all’assalto delle redazioni, a squadroni della Gestapo dediti a prelievi notturni, o bande di Los Zetas dei cartelli di narcotrafficanti.
A parte il discorso emotivo personale, quello che è da rilevare è la paura dell’azione penale, come se la categoria dovesse essere esentata dalle norme giuridiche che sono applicate a qualunque cittadino che dichiara il falso, o procura un ingiustificato allarme, o diffonde delle voci tendenziose.
Qui la questione si collega, in maniera più ampia, a quell’equivoco apparato che si chiama “Unità di monitoraggio per il contrasto della diffusione di fake news”, istituito il 4 aprile del 2020 per volontà di Andrea Martella. Inizialmente ristretto alla problematica epidemica, ora si è dilatato alla guerra in Ucraina. La valutazione delle notizie dovrebbe passare il vaglio di professionisti dell’informazione: senza giri di parole, gli accreditati fedeli governativi tenutari di un insindacabile e orwelliano Ministero della Verità.
Vediamo due esempi, uno di cortigianeria e uno di indecenza.
Il primo coinvolge lo spassoso Andrea Scanzi il quale, in un dibattito con la presenza di Nadana Fridrikhson, con voce insinuante e sorrisino supponente, squalifica la giornalista russa sostenendo di fare propaganda, e nel contempo denuncia l’oppressione della libera informazione in Russia. Senza rendersi contro della castroneria, data la presenza del professor Orsini al quale, per le sue posizioni critiche sulle interpretazioni monotematiche della guerra in Ucraina, è stato chiuso l’Osservatorio sulla Sicurezza Internazionale alla Luiss – Libera università, una presa per i fondelli –, nonché il portale internet. In più, mentre si procedeva alla liquidazione di Bianca Berlinguer per aver ospitato voci russe nel suo programma.
Secondo il citato fenomeno mediatico, quindi, chi dissente dal pensiero omologato fa propaganda, mentre lui e gli altro sodali distribuiscono perle di verità e di saggezza.
Il secondo, al meritato primo posto per squallore e avvilimento intellettuale, è David Parenzo, che con il compagno di merende Giuseppe Cruciani inscena una ignobile trappola al professor Augusto Sinagra. Il guitto Parenzo, storpiando il cognome in Sinatra, e ridacchiando sguaiatamente tra affermazioni del tipo “Merita di essere mandato a fare in culo”, “È rincoglionito”, termina affermando che Augusto Sinagra è “Uno dei più grandi idioti che la storia abbia mai partorito”. Questo sarebbe, secondo le direttive istituzionali, buon giornalismo.
Questi signori – si fa per dire – e non solo loro, sarebbero gli emeriti rappresentanti della buona informazione e della libertà di espressione.
Non si cerchino giustificazioni per il 58° posto. È già una buona classifica per la cloaca nella quale annaspano i figuranti lautamente pagati dei massmedia attuali.