Con la vittoria del centrodestra è normale chiedersi cosa accadrà al Reddito di Cittadinanza. Fratelli d’Italia non ha mai nascosto di considerare la misura «una paghetta di Stato». Giorgia Meloni ha sempre posto l’accento sul fallimento del Reddito come misura di politica attiva del lavoro e la sua unica funzione in una misura assistenzialista. Nella prossima manovra le cose da fare sono davvero tante, ma mancano le coperture, quindi rischiano di saltare diversi provvedimenti. Solo per riconfermare gli attuali aiuti alle famiglie e alle imprese contro il caro-energia, nel primo trimestre del 2023 servono almeno 15 miliardi di euro. Le entrate extra delle tasse dovute all’inflazione e i prelievi dagli extraprofitti delle società energetiche non basteranno, anche perché probabilmente andranno a finanziare un primo decreto taglia-bollette da 20 miliardi. Per trovare altri soldi, quindi, si dovrà riformulare il Reddito di cittadinanza.
È chiaro che nel programma di governo del centrodestra, sia fondamentale la sostituzione dell’attuale Reddito di Cittadinanza con misure più efficaci, con politiche attive di formazione e inserimento sul lavoro. Il Movimento 5Stelle ha ovviamente annunciato che si opporrà con tutte le sue forze a ogni tentativo di abolizione della misura, attraverso una battaglia in parlamento.
Una raccomandazione sul sostegno delle misure di reddito minimo per la riduzione della povertà e dell’esclusione sociale, arriva anche dall’Europa. Quindi qualora il nuovo governo intendesse abolire il Reddito, dovrà comunque proporre una valida alternativa per tutte quelle persone che non hanno accesso al mondo del lavoro e che vedono nella misura un valido aiuto nella lotta alla povertà.
Dalla lettura dei programmi elettorali si evince che nessuno schieramento propone di cancellare gli interventi nazionali contro la povertà. Le forze politiche, invece, si schierano tra chi vuole potenziare quello esistente (il RdC) e chi intende sostituirlo con misure diverse. In altre parole, i partiti concordano sulla necessità di politiche contro la povertà mentre sono divisi su come disegnarle.
L’idea dei partiti di centrodestra è piuttosto chiara: sostituire il RdC con due misure, una rivolta ai poveri che non sono in condizione di lavorare e l’altra destinata a quelli che al contrario lo sono. Si denuncia un sovraccarico di obbiettivi presente attualmente nella misura. L’attuale RdC non può essere, allo stesso tempo, una politica di contrasto alla povertà ed una politica attiva del lavoro. Lo si è visto con le difficoltà dei navigator, nella concreta realizzazione degli interventi nel caotico dibattito pubblico.
Bisognerà in futuro dividere i soggetti ritenuti inoccupabili e, quindi, destinatari della misura non lavoristica come le persone con disabilità, gli individui con almeno 60 anni e i nuclei familiari con minori carico. Per gli altri, invece, si dovrà puntare sull’inclusione lavorativa.
Sicuramente l’abolizione del reddito di cittadinanza potrebbe anche non trovare il favore delle istituzioni europee. Il commissario Ue al lavoro Nicolas Schmit ha suggerito a interrogarsi su che cosa accadrebbe eliminandolo improvvisamente : “Se lo si elimina di punto in bianco facendo in modo che chi non ha accesso al lavoro si trovi in una situazione di povertà e totale privazione nella speranza che si precipitino sul primo lavoro che trovano, credo non funzionerebbe”.