La confusione è grande sotto il cielo della politica di Torino, ma la situazione non è eccellente. Il grande timoniere non c’è e neppure lo si scorge all’orizzonte. Però la confusione aumenta. Appendino è impegnata a distruggere ciò che resta dei 5 Stelle. Per garantirsi un futuro tranquillo ai vertici dell’organizzazione degli eventi tennistici, il sindaco scadente vuole un accordo con il Pd. Già al primo turno. Con un candidato che, inevitabilmente, sarebbe espressione del Pd.
Ovviamente i consiglieri pentastellati non apprezzano. E vorrebbero un proprio candidato per evidenziare la distanza da un Pd che, per 5 anni, ha criticato pesantemente la giunta Appendino.

Il Pd subalpino vorrebbe, al contrario, poter decidere autonomamente, senza dover subire il diktat di Enrico Letta che vuole l’accordo con i grillini. Ma non tutto il Pd, ovviamente: sarebbe troppo semplice. Per il momento il candidato individuato è Stefano Lo Russo, espressione del centrosinistra antipatizzante. Però non piace alla sinistra del partito, quella convinta che il Pd sia un movimento di sinistra e non un veicolo per tutelare gli interessi della gauche caviar e dei torinesi della Ztl.
Ma contro Lo Russo non ci sono soltanto i suoi compagni che avrebbero preferito Salizzoni o che, in accordo con Appendino, sognano un ritorno in campo del rettore del Politecnico, Saracco. C’è anche il candidato del centrosinistra mascherato, quel Paolo Damilano sostenuto dal centrodestra ma che prepara una squadra perfettamente allineata con quel Sistema Torino che ha divorato la città e che, in versione Sottosistema, vorrebbe terminare il pasto.
In mezzo si muovono quei centristi ondivaghi in cerca di autore che minacciano cambi di schieramento clamorosi. A partire dai Moderati che rifiutano l’idea di un accordo elettorale con i 5 Stelle. Ma solo al primo turno. Perché, in caso di ballottaggio, i diavoli pentastellati si trasformerebbero miracolosamente in angeli e, dunque, sarebbero i benvenuti.

Dunque si potrebbe assistere ad un ribaltone. Con Moderati, renziani e calendiani in soccorso di Damilano e della sua squadra di centrosinistra sostenuta dal centrodestra. Un caos totale di cui potrebbe approfittare Mino Giachino, fermo al centro.
E la destra? Non pervenuta. Ha accettato silente il candidato voluto dalla Lega, ha accettato silente che Damilano si scegliesse consiglieri del centrosinistra, accetterà silente che gli elettori disertino le urne di fronte ad imposizioni semplicemente assurde.