Nel prato di fronte a casa – un piccolo spazio, ormai non più verde, nel grigiore uniforme della città – c’è una cornacchia che zampetta. Probabilmente a caccia di insetti, che qui abbondano. Soprattutto le mosche, visti i cumuli di immondizie in cui stiamo affogando.
Ma non ho voglia alcuna di parlare di come sta decadendo, miseramente, la Città….roba che neanche in Burkina Faso, direbbe un amico Amerikano…
Invece, è la cornacchia che mi attrae. Qui ve ne sono molte. Le sento gracchiare all’alba tra i rami degli alberi stenti, dove nidificano. Più o meno per tutto l’anno. Perché la cornacchia è, in genere stanziale, anche se dal Nord Europa compie migrazioni verso il mediterraneo, per fuggire ad inverni troppo rigidi.
Ed ha un habitat molto esteso. Dalle isole britanniche alle montagne afgane.
Corax, la chiamavano i latini. Che vuol dire Corvo.
Noi, che da Linneo in poi amiamo le classificazioni, la diciamo un “corvide”. O, più esattamente, Corvus Corax. Di cui, poi, identifichiamo diverse varianti. Almeno quattro se non ricordo male.
Ma questa è la più comune: la cornacchia grigia. Facile da riconoscere per il piumaggio, che la distingue chiaramente dal corvo comune. Che pure, talvolta, si affaccia qui in città. Attratto dall’abbondanza e facilità del cibo. Le immondizie, per chi non lo avesse capito. Perché i corvi sono spazzini. Oltre che predatori. E anche i topi, che qui proliferano, sono parte della loro dieta.
Le cornacchie, come tutti i corvi, sono, anche, soprofaghe. Si cibano dei cadaveri. Oggi di immondizie. Un tempo erano ospiti fisse dei campi di battaglia… in fondo, con questa nasueabonda e putrida modernità, anche loro hanno subito una sorta di degrado…
Un tempo erano ospiti temute. E, però, rispettate. Perché guidavano i guerrieri alla battaglia. E li incitavano, come il suono di cornamuse. Alla fine, si posavano sulla spalla dei morenti. Attendendo i loro occhi. E la loro anima.
È la saga di Chucullen, l’Achille, o se preferite il Sigfrido dell’epica irlandese. La tradizione dell’Ulaid, antico nome dell’Ulster. E dei Guerrieri del ramo rosso, la saga più antica, in una terra ove innumeri fioriscono leggende e fiabe.
Quando Chucullen muore, la cornacchia si posa sulla sua spalla. E rivendica la sua anima. Perché lei è la Mòrrigan.
Una Dea mutaforma. Che poteva presentarsi con diversi volti. E aspetti. Animali ed umani. Era una delle declinazioni della guerra, e della morte in battaglia… La cornacchia che si pasce di cadaveri. Una vecchia grinzosa, come la Strega di Biancaneve. E , soprattutto, una splendida Donna dai capelli rossi come il fuoco. Che suscitava, nei guerrieri, un desiderio, una passione furente. E li spingeva alla battaglia, senza paura di morire. Perché, in fondo, il suo abbraccio finale era il vero premio dell’eroe.
Me ne sto qui, seduto su una panchina all’imbrunire. Mi figlio si dondola sulla vecchia altalena. Indolente e annoiato. È afoso. Il declino dell’estate verso l’autunno ha spesso questo volto.
Non vi è un refolo di vento. Tutto appare immobile. Come fermo nel tempo.
Solo la cornacchia saltella. Lugubre, ma tutto sommato allegra. Resto a guardarla a lungo. Chissà se dietro quelle piume si celano davvero le rosse chiome della antica Dea…
Pensieri oziosi…
Il nostro tempo è troppo volgare e squallido. Non abbiamo più la capacità di vedere. Nessun suono di cornamusa, nessun grido di battaglia. Nessuna Donna splendente.
Solo mosche. E il tanfo delle immondizie decomposte dalla calura…
1 commento
I campi di battaglia si chiamano sprar e la cornacchia di questo passo si nutrirà bene.