Non ci sono dubbi sul colore della cultura gauchista in epoca Schlein. Anzi, sui colori: quelli dell’arcobaleno. Un’immagine bella, affascinante, che piace ai grandi ed ai piccini. Ma effimera. Arriva dopo il temporale e poi svanisce. Impalpabile. L’unica differenza con la proposta culturale della sinistra arcobaleno è che quello vero piace a tutti, la cultura gauchista invece no.
Però bisogna ammettere che sono bravi. Che sono stati bravi in passato a costruire un sistema egemonico incontrastato. Valorizzando come maestri della pittura, della fotografia, della musica e della letteratura personaggi dalle qualità inesistenti. E sono bravi adesso a continuare ad utilizzare la loro rete di relazioni per difendere il nulla cosmico a livello intellettuale.
Una vera e propria impresa. Perché non è facile passare da Marx a Madame, da Gramsci ad Amadeus, da Marcuse a Michielin, persino da Guttuso a Floris o dall’ex fascista sansepolcrista Toscanini a Lilli Gruber. Però la rete ha sempre funzionato. Ha trasformato Bobbio in un grande pensatore, Obama in un pacifista, Veltroni in uno scrittore, le sardine in un movimento politico e Asia Argento in un’attrice.
Chapeau! Soprattutto perché gli stessi gauchisti hanno capito di essere ormai arrivati non solo alla frutta ma anche al caffè ed al pussacaffè. Dunque, non avendo più nulla da proporre, devono solo puntare alla distruzione della cultura altrui. E vai con la cancel culture, vai con il woke. Abbattiamo statue, correggiamo i libri degli autori scomparsi da decenni o da secoli, cambiamo la storia.
Facciamo casino, insomma, per nascondere il nulla che c’è alla base dell’arcobaleno. Mettiamo al bando il maschilista Canova ed il razzista Shakespeare perché, nonostante gli sforzi, non riusciamo ad inventarci uno scultore credibile di arte fluida e non riusciamo a trasformare Ariete in una cima del pensiero contemporaneo.
Resta solo la distruzione del passato e la rete protettiva contro eventuali incursioni di un presente politicamente scorretto.