Le esportazioni crollano (molto di più rispetto alla media italiana e, soprattutto, rispetto al resto del Nord); la fuga dei cervelli è più accentuata; la disoccupazione cresce più che nelle altre grandi città settentrionali; la povertà aumenta; le idee latitano; i progetti mancano; i trasporti peggiorano; la capacità di attrarre investimenti è svanita. Con tutti questi meravigliosi risultati era inevitabile che la classifica del Sole 24 Ore premiasse Torino.

Un balzo in avanti clamoroso, di ben 12 posizioni, che permette di conquistare il ventunesimo posto complessivo. E questo nonostante la posizione disastrosa nella classifica per sicurezza e giustizia (novantesimi in Italia), il pessimo risultato per demografia e società ed il crollo per cultura e tempo libero. Ma il quotidiano confindustriale vede, lui solo, una meravigliosa situazione per ciò che riguarda ricchezza e consumi e per affari e lavoro.
Dunque non contano le aziende che chiudono, mentre non ne aprono di nuove, non contano disoccupati e sottoccupati, precari e disperati. Non conta il crollo dell’export, la mancanza di innovazione, la latitanza degli investimenti.
Una classifica che assomiglia molto ad un assist politico. Anche quando i meriti vengono vantati da chi non li ha. Perché a fronte della classifica disastrosa sul fronte della sicurezza e della società, del peggioramento culturale, il sindaco Appendino si prende il merito per la buona posizione in settori in cui la pubblica amministrazione non ha alcun ruolo (al di là dell’assurdità di una classifica entusiasmante per un lavoro che manca).

Ma il sindaco gongola per la sedicesima posizione di ambiente e servizi. Dove influiscono le riqualificazioni energetiche degli immobili (le fanno soprattutto i privati), un per nulla credibile indice di rischio climatico che pone Torino a livello di un’oasi naturale incontaminata (peccato che sia una delle città più inquinate d’Europa). E la città è persino penalizzata, sotto questa voce, dalla disastrosa gestione dell’anagrafe da parte dell’assessore Pisano, diventata ministro per premiarla del 77* posto in Italia per carte d’identità elettroniche, dell’82* posto per ecosistema urbano, del 102* per spesa sociale. Mica male per chi ha raccontato di essere dalla parte delle periferie.