Fare rete. L’indicazione di Fabio Meloni, creatore di Ideario 2022 in attesa dell’appuntamento del prossimo anno, è chiara e condivisibile. Ed anche gli interventi ospitati su Electomagazine indicano la medesima direzione: se la destra vuole avere un ruolo nella cultura, non limitandosi a spartire qualche poltrona e molti strapuntini, deve fare rete. Deve creare le strutture per consentire ai non pochi intellettuali di area di collaborare concretamente.
Sembra facile, può rivelarsi impossibile. Anche senza dar retta al Foglio che ironizza sui miracolati della destra culturale, subito piazzati sulle prime poltrone liberate. Ma che a far rete non ci pensano proprio. Un mondo di primedonne, è stato fatto notare in uno degli interventi pubblicati su questo giornale. E che, da primedonne, non amano né la collaborazione né eventuali scuole per far crescere nuove leve.
Ed è per questo che vanno perfettamente d’accordo con una classe politica che, di conseguenza, li premia a livello personale. Purché restino isolati, purché non facciano rete. Perché un eventuale raggruppamento potrebbe rappresentare un pericolo, un’alternativa. Si spiega anche così l’indifferenza di molti assessori nei confronti di progetti presentati da associazioni culturali della medesima area politica, come denunciato da alcuni interventi. Ma a questo si aggiunge anche l’inadeguatezza, l’impreparazione di chi guida gli assessorati che di cultura dovrebbero occuparsi.
Tutto vero, certo. Però non mancano le responsabilità dei singoli intellettuali, così poco propensi ad ogni idea di collaborazione. Con qualche eccezione, certo, ma si tratta appunto di eccezioni. Perché degnarsi di partecipare alle iniziative online dell’Arsenale delle idee, per qualcuno non è un segnale di grande disponibilità ma solo l’ennesima passerella personale. Manca il senso della comunità, proprio di quella comunità costantemente sbandierata e costantemente tradita.
La gauche quinoa si ritrova a Capalbio, si ritrova a Cortina, si ritrova a Courmayeur. Perché ha la capacità di far squadra, è consapevole che ha forza finché riesce ad essere squadra. Ciò non significa che non ci siano invidie e gelosie, ma vengono superate nella convinzione che fare rete conviene a tutti. I premi letterari ed artistici vengono assegnati sulla base delle convenienze della squadra, a prescindere dalle qualità. Con la consapevolezza che chi non vince oggi sarà premiato domani. Con una presidenza, con una direzione, con un incarico di prestigio e ben retribuito. Ed allora gli scrittori si citano a vicenda nei propri libri, i registi offrono camei nei film anche a non attori in cerca di promozione, i conduttori tv invitano sedicenti esperti di ogni settore scelti accuratamente tra i compagni da sostenere o da rilanciare.
La destra “costipata”, come la definisce il Foglio, evita accuratamente di fare altrettanto. Anzi, persino se deve far moderare un dibattito cerca di rivolgersi agli avversari con la speranza di ingraziarseli. E se deve finanziare una iniziativa non di partito, premia una richiesta gauchista. In fondo la destra fluida, che finge di apprezzare i Campi Hobbit, in realtà ha il terrore di iniziative che possano raggruppare teste pensanti in grado di individuare una politica diversa da quella voluta da Washington.