C’era una volta “la droite la plus bête du monde”. E non era quella italiana. Poi la destra francese si è svegliata, è cresciuta, ha commesso errori madornali. Ma è ancora lì, in testa nei sondaggi, con Marine Le Pen che stacca di 5 punti Emmanuel Macron nelle intenzioni di voto per le presidenziali del prossimo anno. Il problema è il secondo turno, quando tutte le forze anti destra si coalizzano e Marine Le Pen si ritrova sconfitta. Come l’ultima volta. Come, in precedenza, Jean Marie Le Pen.

Ora, però, Marine pare aver capito la lezione e cerca di cambiare nuovamente pelle a quello che era il Front National prima di trasformarsi in Rassemblement National. Un cambiamento non solo di nome. Per il vecchio Jean Marie si tratta di una sorta di tradimento, con uno spostamento verso il centro per provare a rendere possibile un accordo con gli ex gollisti in vista del ballottaggio alle presidenziali. Ma questa è solo tattica.
In realtà sta cambiando anche la strategia. Il sovranismo, l’uscita dall’euro e dall’Europa non entusiasmano più. Dunque RN si riposiziona. Innanzitutto in senso ambientalista, in linea con quell’ecologismo dal volto umano di cui si è fatto interprete, in Italia, l’Arsenale delle idee. In Francia i Verdi sono diventati una forza vera, con cui fare i conti. Occorre capire come confrontarsi, quali alternative proporre. E non bastano più le poche idee, confuse ed altalenanti, di qualche funzionario di partito.

In fondo è questa la vera svolta di Marine: puntare sulle competenze, a partire da quel Hervé Juvin fatto eleggere al parlamento europeo “benché” abbia una rubrica fissa su Éléments, la rivista che fa capo ad Alain de Benoist. Si, proprio un intellettuale. Da far accapponare la pelle alle destre italiane. E non solo intellettuale, ma anche manager e pure localista impegnato nella valorizzazione dei territori. Imbarazzante nella Francia centralista, con una destra che – dopo la guerra – ha guardato con sospetto alle identità locali, comprese quelle apertamente schierate con l’Asse.
Ovviamente non basta per sperare davvero di infrangere le alleanze avversarie il prossimo anno. Ma è un segnale. È la dimostrazione che si può pensare al futuro, rinunciando agli slogan di Cetto La Qualunque. Ci si può interrogare su ambiente, economia, identità. Non solo in Francia.

Gabriele Adinolfi, su Noreporter, sottolinea il successo degli europeisti in Olanda. Europeisti, non euroscettici. Un successo legato all’impegno degli intellettuali di centrosinistra e centrodestra nell’analizzare il ruolo dell’Olanda nello scenario europeo e mondiale. Anche in questo caso coinvolgendo non i funzionari di partito impegnati nella spartizione di poltrone ma i think tank che studiano i vari problemi. Think tank che, probabilmente, non hanno mai sentito parlare di Cetto e dei suoi programmi elettorali.