Gli intellettuali, come è noto, dovrebbero, perlomeno nella visione gramsciana della faccenda, dare l’imbeccata ai politici: insomma, dovrebbero servire da piede di porco per scardinare la cassaforte elettorale avversaria. Ebbene, contrariamente alle mie abitudini, secondo le quali i politicanti mi stanno indigesti, quale che sia la loro provenienza, oggi voglio fare la mosca cocchiera ai rappresentanti della destra parlamentare, ancorchè teneri e balbi. Voglio, anzi, fornir loro una lancia termica, altro che un semplice grimaldello.

Dunque, cari deputati e senatori, che sembrate piuttosto neghittosi all’idea di dar battaglia, partiamo dall’inizio. Un nobiluomo sardo, i cui parenti hanno colonizzato la Repubblica, senza che nessuno di voi sentisse mai il minimo odor di nepotismo, postulò, un tempo, che la sinistra fosse antropologicamente superiore alla destra: non portò alcuna pezza d’appoggio a questa sesquipedale belinata, ma si limitò a definire intrinsecamente migliore, dal punto di vista morale, la sua parte e, per converso, a sottintendere una sorta di inferiorità genetica degli altri.
Va da sé che già questa bella sortita avrebbe meritato che si intonasse l’Inno alla gioia a base di pernacchie: invece, gli eroici rappresentanti della destra, allora, si sono limitati a mugugnare e a cercare in tutti i modi di dimostrare che no, non era vero. Scolaretti che cercano di rimediare al brutto voto.

Da allora, una spocchia infinita pervase intellettuali e semipensatori di sinistra, che, a petto di un’oggettiva mediocrità, si sono sempre sentiti un paio di gradini sopra gli altri. Si chiama autostima, ancorchè ingiustificata: esattamente ciò che è mancato ai loro corrispettivi di destra, affetti da un insopportabile complesso d’inferiorità, arrivato, talora, a configurarsi come vera e propria invidia del pene.
Ebbene, dopo un’infinita serie di dimostrazioni patenti di disagio mentale, di vero e proprio cretinismo cognitivo, di mancanza dei più elementari strumenti culturali, morali, epistemologici, vi comunico di essere pervenuto, in maniera incontrovertibile, a una convinzione granitica: la sinistra è antropologicamente, culturalmente e moralmente inferiore. I suoi rappresentanti nel mondo del giornalismo, della cultura, dell’educazione, sono quasi tutti affetti da una tabe ereditaria, che li porta a sragionare, a sovvertire le regole della convivenza civile e del pensiero.

Sono grevi, maleducati, pieni di odio: mancano delle più basilari fondamenta culturali, commettono errori e gaffes a ritmi indecenti. Insomma, sono miserandi in tutto, tranne che nella spocchiosa albagia: contro la quale basterebbe esclamare che il re è nudo.
Invece, voi, ignavi, vigliacchetti, preferite assoggettarvi ai diktat di questi poveracci, per paura di chissà quali umiliazioni culturali. Animo, miei nembruti: quelli che avete di fronte sono paperottoli, non temibili giannizzeri. In pochi giorni, questo esercito di renitenti alla leva e di riformati ha prodotto le figuracce monumentali del Gozzini, della Lorenzin, di Gobetti, e voi ancora temete?
Uscite dalle tane di volpe e dalle ridotte e fateli neri, una volta per tutte: abbiate il coraggio di dire che avete temuto delle larve, dei lemuri culturali, che, oltre alla loro vanagloria, altro non avevano. E che, una volta spogliati del laticlavio messo loro sulle spalle dal nobiluomo buonanima, possono mostrare solo petti flaccidi e gambette da rachitoide iposchelico. Oppure, prostratevi definitivamente di fronte all’egemonia dei peggiori. Però, non aspettatevi che vi votiamo.