I sondaggisti contendono ormai ai giornalisti il primo posto quanto a scarsa credibilità. O forse la seconda posizione, alle spalle degli economisti. A Torino avevano predetto il vantaggio, abbastanza netto, di Damilano rispetto a Lo Russo. Ed il risultato reale vede il candidato del centrosinistra davanti a quello del centrodestra. Un vantaggio rilevante che prelude ad un successo al ballottaggio a meno di colpi di scena in questi giorni di nuova campagna elettorale.
È vero, i vertici della destra potranno smettere di accapigliarsi tra loro per sostenere i fedelissimi delle diverse correnti. Potrebbero, addirittura, partorire un’idea che sia una per il futuro di Torino. Un’idea che vada oltre le consuete banalità su ordine pubblico, meno tasse per tutti, pioggia solo quando serve e sole tutto il resto dell’anno. E se, miracolosamente, un’idea arriva ad illuminare le loro menti, magari possono persino illustrarla ai torinesi. Non nei salotti o nelle serate ad inviti, ma attraverso quella roba strana che i cattivi komunisti definiscono “comunicazione”.
Che non morde, ma può essere contagiosa. Nel senso che l’idea comunicata rischia di diffondersi, di convincere qualcuno. Magari spingendolo al voto. Perché non è bastato risolvere le faide interne a colpi di esclusione dalle liste o con il boicottaggio. I potenziali elettori avrebbero desiderato qualcosa di più e di meglio.
È vero che, a sinistra, si sono accontentati di un programma tristanzuolo, grigio e spento come quello di Lo Russo. Proprio per questo a destra avrebbero dovuto insistere di più su una visione di Torino completamente diversa. È mancata persino la capacità (o la volontà, e sarebbe pure peggio) di difendere alcune proposte di Damilano. A partire dalla trasformazione di Porta Nuova. Bocciata dai media di servizio e, di conseguenza, dalla classe dirigente del centrodestra che non era in grado di spiegare un diverso modello ferroviario con l’utilizzo di Lingotto e Stura.
Una classe dirigente che avrebbe preteso il voto senza offrire neppure un briciolo di ipotesi di cambiamento. Perché il cambiamento non dipende da un nuovo investimento di una multinazionale di passaggio, ma da una visione del futuro. A Bologna ha trionfato al primo turno la sinistra che presentava l’assessore alla cultura. Perché è la cultura che disegna il futuro. Mentre il centrodestra considera la cultura come un fastidio da affidare all’assessore più sfigato o più legato alla sinistra. E il futuro da disegnare è fatto da inquinamento, orrende costruzioni in qualsiasi spazio, noia o nani e ballerine. Però i torinesi che non vanno a votare sono cattivi..