A novembre dello scorso anno una collega giornalista mi chiese un profilo di Conte: sparirono giornalista e profilo. Dopo due mesi abbondanti è sparito pure Conte, quindi questo pezzo mi dà la soddisfazione di una profezia.
Quando il 3 maggio del 2017 uscì il mio profilo psicologico su Emmanuel Macron, subito rilanciato dalla stampa russa, il suo ufficio politico ventilò l’ipotesi di una denuncia nei miei confronti, ma non se ne fece nulla. La psicopatia dentro cui lo incorniciavo – e che tuttora confermo – è una struttura di personalità che prevede una profonda intelligenza, un grande lucidità ed un indiscutibile carisma.

Macron si è laureato in filosofia, ha proseguito gli studi in scienza della politica e dell’economia fino a diventare managing director presso la banca d’affari Rothschild & Co. Mica roba da poco. In più, vinse le elezioni del 2017 con il 66,1 % dei voti. Resta un personaggio pericoloso per il cinismo e la spregiudicatezza, ma con un costruttivo narcisismo, tanto da circondarsi di esperti e consulenti di valore. Si può non accettare il suo indirizzo di pensiero – e personalmente non lo approvo –, ma non si può mettere in dubbio la sua temibile e inguaribile grandezza.
Giuseppe Conte, no. Non può vantare una statura psicopatica, ma solo una sfacciata fortuna e una scandalosa inettitudine. Il curriculum presentato a suo tempo scandalizzò addirittura il PD, e Repubblica parlò di grave taroccamento. Un narcisista serio enfatizza meriti e gonfia capacità; chi si inventa valori e competenze compie una truffa, propina bugie. Incaricato di formare il governo, dopo contorsioni partitiche, si è dimostrato uno scialbo funzionario di poteri che lo gestiscono, nell’incapacità politica di autodeterminarsi – tanto da lasciare alla Merkel per la seconda volta la rappresentanza dell’Italia all’Unione Europea. Altroché statista e guida carismatica: interpreta il suo ruolo come un amministratore di condominio.

La sua percezione inconscia di dilettantismo lo porta a circondarsi di una corte di miracolati secondo il Paradosso di Peter, noto come “Principio dell’incompetenza”: più un dirigente è impreparato, più sceglierà collaboratori a lui inferiori per emergere lui e non avere concorrenti interni. Ecco, allora, evocare un disc jockey, un animatore in villaggi turistici, un cascame del Grande Fratello, un bibitaro dello stadio San Paolo.
Mai un narcisistico psicopatico di spessore avrebbe accettato nel suo staff figurine sbiadite di simile portata; solo un mediocre inconsistente può tollerare simili appiccicosi ectoplasmi.
C’è la questione in piedi della pericolosità. Secondo me Macron per certi versi è meno pericoloso di Conte. Quanto meno il primo risponderà dei suoi fallimenti davanti al popolo votante e ai comitati di gestione della Rothschild & Co; il secondo sprofonderà nell’ombra anonima dalla quale un tempo è stato evocato, lasciando rovine e lutti, senza pagarne il fio.
Del resto, l’Italia è l’Italia, la Francia è la Francia. Una ha avuto migliaia di morti sulle ghigliottine; l’altra, qualche centinaia di svernanti sulle isole baciate dal sole.
Per altro, per finire con la testa in un cesto ci vuole carattere, e chi non ce l’ha, come il coraggio di don Abbondio, non può procurarselo.
