Anche domenica 24 gennaio, il direttore della Busiarda si è affacciato al balcone del suo giornale per propinarci il suo sermone domenicale. Roba da far rimpiangere i direttori che lo hanno preceduto, che almeno avevano la discrezione di affidare ad altri autorevoli – si fa per dire – editorialisti il compito di condensare e commentare in un articolo di fondo i fatti della settimana che si andava concludendo.
Al contrario, da quando Giannini è stato chiamato al vertice del quotidiano torinese, quello spazio di spalla sulla prima pagina è occupato stabilmente da lui, e non solo la domenica.
Ultimamente il suo impegno è tutto votato a spiegarci che cos’è la Democrazia. Non lo aveva fatto in prima persona il giorno seguente al giuramento di Joe Biden e Kamala Harris, anche se il suo quotidiano si era distinto in un peana nei confronti dei vincitori delle elezioni americane che non aveva avuto eguali in Italia e, forse, in Europa.

Il titolo di giovedì 21 gennaio era significativo: “Bentornata America”; come se l’America fosse scomparsa per quattro anni solo perché a Giannini e ai guru del Pensiero Unico Obbligatorio la presidenza Trump (che i media di servizio hanno sempre definito “tycoon” e solo raramente “presidente”) proprio non l’avevano mai digerita.
Ora, e torniamo al “fondo” di domenica, Giannini ci vuole spiegare, sull’onda della vittoria di Biden, che cos’è la democrazia. Non, si badi bene, la sua idea di democrazia, bensì la Democrazia in senso assoluto.
“La democrazia che – dice il direttore de La Stampa – garantisce rappresentanza politica e inclusione sociale. La democrazia che assicura l’universalità nei diritti e l’uguaglianza nelle opportunità. La democrazia che produce legalità e legittimazione. La democrazia che promuove diversità e pluralismo. La democrazia che è libertà per i cittadini e limite per i poteri. La democrazia che è mediazione permanente e compromesso quotidiano”.
Ecco, tutto ciò – sempre secondo Giannini – sarebbe in serio pericolo. Perché? Per il motivo che in Russia, in Ungheria, in Brasile nonché nell’America di Trump la democrazia viene – o veniva – messa da parte per lasciare spazio alle “democrature”. Che cosa sono le “democrature”? Le cosiddette “dittature democratiche”. Nient’altro, cioè, che i sistemi statali in cui vincono quelli che non piacciono a Giannini e a quelli che la vedono come lui.

In buona sostanza la Sinistra – di cui Giannini indubbiamente fa parte, anche se in una recente diatriba con Giorgia Meloni lo ha negato rivendicando una non meglio chiarita posizione di “libero (sic!) pensatore” – afferma per l’ennesima volta un concetto fondamentale: le uniche democrazie “vere” sono quelle in cui vincono “loro”. E anche in queste ultime – come si evince dal fondo del direttore – si corre il rischio che, se vincono gli “altri” la democrazia sia in serio pericolo.
Ignorando – o facendo finta di ignorare – che anche coloro che in America hanno votato per Trump (cioè circa la metà del corpo elettorale) hanno espresso “democraticamente” il loro voto, garantito dal sistema democratico più vecchio del mondo. E non tutti questi elettori hanno dato l’assalto al Campidoglio la viglia dell’Epifania, ma ci sono; e rispecchiano un mondo che Biden, al di là delle affermazioni di circostanza, ben difficilmente riuscirà a rappresentare.