Dopo aver rinunciato alle salamelle per sostituirle con panini al grillo, la Festa dell’Unità si trasforma in Festival ed approda a Sanremo. E poiché non bastavano più le canzoni pessime ma politicamente corrette, si organizza la sfilata degli ospiti ancor più corretti politicamente. Con la conclusione affidata all’immancabile Zelensky. Deluso per non aver potuto partecipare ai campionati mondiali di calcio in Qatar – lì erano convinti che si dovesse giocare a pallone e, nei tempi morti, discutere di affari – il pazzo di Kiev potrà apparire a Sanremo come la Madonna ai fedeli atlantisti. E poi è giusto. Lui, Zelensky, riesce a suonare il pianoforte anche senza mani e senza piedi, dunque è perfetto per lo show di Amadeus.
E poi non sarà il solo, Zelensky, a rappresentare il pensiero unico obbligatorio. Anzi, non ci sarà proprio nessuno ad uscire dalle linee guida imposte dal Ministero della Verità. D’altronde, in fondo in fondo, il governo di destracentro non ha mosso un dito per cambiare l’andazzo televisivo. Tout va très bien, madame la marquise. Tutt’al più si chiederà ad Amadeus di inserire una citazione di Dante, così la destra fluida è contenta. “Uomini siate e non pecore matte, sì che..”. No, non quei versi. Non è che bisogna proprio essere dantisti sino in fondo.. Dipende. E in quel caso i crosettiani metterebbero il veto. “Tanto gentile e tanto onesta pare la donna mia”. No, non va bene neanche questo. Quel “pare” potrebbe essere interpretato male in un’Italia che ha difficoltà con l’italiano odierno, figurarsi con quello del Sommo Poeta.
Forse conviene lasciar perdere Dante e le fisime di Sangiuliano. Meglio chiedere ad Amadeus di passare a Trilussa, per celebrare degnamente lady Garbatella: “La lumachella de la Vanagloria, ch’era strisciata sopra un obelisco, guardò la bava e disse: Già capisco che lascerò un’impronta ne la Storia”. Beh, forse è meglio che il Festival di Sanremo continui ad essere una versione della Festa dell’Unità..