La fossa delle Marianne è conosciuta per essere il punto più profondo del nostro pianeta. Per darci un’idea, se vi sembra alta la Mole Antonelliana con i suoi 168 metri di altezza, ce ne vorrebbero circa 65 per toccare l’abisso Challenger.

La fossa delle Marianne e le sue caratteristiche
La fossa delle Marianne si trova nell’Oceano Pacifico occidentale a 11 km sotto il livello del mare, per intenderci il monte Everest misura 8838 metri. Questa depressione è il risultato del movimento delle placche oceaniche che si scontrano. Si tratta di quella Pacifica e quella delle Filippine: la prima va in subduzione immergendosi nel mantello.
Per quanto riguarda la flora e la fauna marine di questo luogo misterioso non si hanno ancora molte informazioni. Tuttavia, sono state identificate alcune specie aventi caratteristiche molto singolari, per via delle aspre condizioni di vita a cui sono sottoposte: altissima pressione, temperature severe e mancanza di luce. La sopravvivenza è permessa anche dalla presenza di alcuni vulcani sottomarini, le cui eruzioni hanno il potere di mitigare le temperature e riscaldare l’ambiente. Oltretutto, il materiale emesso fornisce anche sostanze importanti per la vita di queste specie.

Com’è stata scoperta?
La scoperta della fossa delle Marianne risale agli anni che vanno dal 1872 al 1876, periodo durante il quale vennero condotte delle ricerche e la famosa spedizione Challenger. Tuttavia, non si raggiunse la profondità di 10994 metri, che è quella che oggi conosciamo, bensì ci si fermò a 8884 metri.
Furono poi Dan Walsh e l’oceanografo Jacque Piccard a fare il passo successivo. Nel 1960, infatti, avvenne la celebre immersione del batiscafo Trieste nella fossa delle Marianne, che li condusse a 10916 metri di profondità.

“Il fondo è di un bianco grigio, vedevamo attraverso l’oblò di plexiglas accendendo i fari, l’acqua era limpidissima, la temperatura era di 3.5 gradi invece all’interno del batiscafo vi erano 8-10 gradi. Rimanemmo sul fondo venti minuti. Fummo inoltre straordinariamente fortunati perché potemmo vedere due animali, un gambero e una specie di sogliola”.
Inquinamento nella fossa delle Marianne
Per quanto possa apparire assurdo, recentemente alcuni studi hanno dimostrato che la traccia inquinante dell’uomo ha avuto il suo impatto anche nel punto più profondo del pianeta. Purtroppo, già durante la primavera del 2016, la spedizione Okeanos Explorer della NOAA aveva dimostrato la presenza di diversi oggetti di plastica e metallo.
Ma non finisce qui, infatti dopo l’esplorazione avviata da esperti dell’Università cinese di Tianjin sono emerse tracce di mercurio prodotte dall’uomo nella fossa delle Marianne. Si tratta di una sostanza altamente tossica e dannosa, che a contatto con le acque oceaniche si trasforma in metil-mercurio. Dopo alcune analisi i ricercatori di un’altra spedizione hanno riscontrato la presenza di questo elemento nelle specie che abitano la fossa delle Marianne e questo potrebbe avere conseguenze molto pericolose per tutto l’ecosistema, compresi gli esseri umani.