La Francia non è l’Italia. E su questo siamo a livello delle massime di Catalano. Però, con tutte le differenze del caso, non si possono neppure nascondere le somiglianze. Certo, Emmanuel Macron non ha un omologo italiano. Il bugiardissimo Renzi è altrettanto arrogante, presuntuoso, lontano dai plebei chiamati al voto. Però la statura politica del piccolo francese è di molto superiore a quella del toscano. Che, probabilmente, è pure più intelligente di Macron, ma molto meno coraggioso e preparato. Calenda, allora? No, proprio non ci siamo.
Però, eliminato il confronto con il presidente uscente e pure rientrante, le somiglianze con l’Italia emergono per gli sfidanti. Mélenchon ricorda molto il peggio del grillismo approdato al pentapoltronismo. “Mai con Macron, presidente dei ricchi!”, tuonava il paladino della Francia non sottomessa. E invece ora ha subito chiarito che non bisogna dare neppure un voto a Marine Le Pen, dunque bisogna riconfermare il presidente dei ricchi, quello che ha dichiarato guerra alla Francia profonda. Una situazione identica a quella di Conte che appoggia il Pd di Capalbio e dei radical chic.
Poi c’è Anne Hidalgo, socialista sindaco di Parigi e dei bobo della capitale. Solo di loro, evidentemente, poiché è riuscita nel capolavoro di annientare il partito socialista ottenendo meno del 2%. Lo stesso partito che aveva portato all’Eliseo Mitterand e Hollande. Chapeau! Una sorta di Nencini in salsa parigina.
Un capolavoro simile è riuscito anche a Valérie Pécresse, candidata dei neogollisti che del gollismo hanno rinnegato tutto, compreso il nome. Lei è pure presidente dell’Île de France, ossia la Regione più importante di Francia. Ma alle presidenziali non è arrivata neppure al 5%. Eppure lo scorso anno, alle elezioni regionali, proprio i neogollisti avevano trionfato. Sic transit gloria mundi, soprattutto quando si sbagliano i candidati. Ricorda qualcosa, in Italia? Pécresse ha voluto rappresentare la faccia moderata della destra, e la sua faccia l’ha sbattuta con violenza contro il muro. La “buona destra” non funziona né da questo versante delle Alpi e neppure dall’altro.
Proseguendo nello spostamento a destra, Marine Le Pen è approdata ancora una volta al ballottaggio, ma senza reali chances di successo. Donna, laica, ha rinunciato alle frange più estreme del suo partito – che ha cambiato nome – ma non è bastato per conquistare l’Eliseo. E non basterà neppure al ballottaggio. A differenza di qualche esponente italiana, Marine non si è lasciata irretire dal becero atlantismo e questo le è costato l’avversione totale dei poteri forti nazionali ed internazionali. Ma l’avrebbero avversata ugualmente, anche senza la sua ostilità verso la Nato.
Infine Zemmour. In questo caso le differenze con le destre italiane sono evidenti. Innanzitutto perché è un intellettuale e mai le destre italiane si affiderebbero ad uno che sa leggere e scrivere. Troppo pericoloso. Poi è politicamente scorretto, anche sgradevole. Come scrive Malgieri, più bravo a scrivere che a trascinare le folle. Era partito forte, con un grande trascinamento mediatico, ed è finito con un modesto 7% o poco più. Però anche per lui non mancano le somiglianze con l’Italia, soprattutto per quanto riguarda la capacità di spaccare il fronte di destra. L’unico dubbio riguarda la primogenitura: la litigiosità delle destre è nata prima in Francia o in Italia? Ed il prossimo fallimento si registrerà su quale versante delle Alpi?