La vendita di Borsa Italiana ad Euronext è la prova di un fallimento. Borsa Italiana, di proprietà degli inglesi di London Stock Exchange, è stata venduta per 4,3 miliardi di euro ai francesi di Euronext dopo essere stata acquistata per 1,6 miliardi con un utile netto dall’operazione di 2,7 miliardi.
Nell’operazione si sono inseriti due investitori istituzionali italiani – CDP e Intesa Sanpaolo – che otterranno rispettivamente l’8% e il 2% del capitale. Di fatto, Milano farà parte della prima borsa europea. Milano passerà dall’essere controllata dagli inglesi ad esserlo dai francesi. Noi non abbiamo investitori sufficientemente grandi e risultiamo sottocapitalizzati. Le motivazioni sono disincentivi normativi, fiscali oltre all’arretratezza culturale e imprenditoriale.
C’è chi pensa che l’operazione sia stata un grande successo e c’è chi sostiene che sia l’immagine del declino di un Paese come il nostro che non ha un briciolo di politica industriale di lungo periodo. La storia tristemente si potrebbe riassumere in questo modo: avevamo un tempo Borsa Italiana, che abbiamo venduto agli inglesi, i quali l’hanno gestita a quanto pare bene e ci hanno guadagnato tantissimi soldi ed ora gli inglesi la rivendono a noi italiani insieme ai nostri vicini di casa francesi.
La finanza straniera sembra appropriarsi del sistema industriale italiano. Gli inglesi, appropriandosi della società di data company, avrebbero avuto una posizione eccessivamente dominante sui mercati dei capitali del Vecchio Continente. LSE aveva rilevato Borsa Italiana nel 2007 per 1,6 miliardi. Le sinergie tra Milano e Londra sono durate, dunque, 13 anni. Nel 2017, sempre LSE aveva avanzato un’offerta per comprare Deutsche Boerse, la borsa tedesca, ma l’iniziativa fu bloccata dalla UE e sempre per ragioni di concorrenza.
Anche se due player nazionali hanno ottenuto una quota di minoranza del capitale, si tratta per l’appunto di un misero 10% che certo non consente loro di avere voce in capitolo. Ciò che appare ancora più assurdo è che gli inglesi ci hanno rivenduto il nostro asset finanziario dopo 13 anni a un prezzo di quasi 3 volte superiore, maturando una plusvalenza di oltre 2,7 miliardi. Quindi parlare di ritorno in mani italiane è eccessivo alla luce di tutto questo. La linea sostenuta dal ministero dell’Economia: Borsa Italiana deve essere francese e francese, appunto, sarà. L’ipotesi di una eventuale cordata italiana non è stata presa nemmeno in considerazione.
Come già detto la Borsa Italiana era già sotto controllo dal 2007, ma adesso l’ha spuntata Euronext, colosso paneuropeo nato dalla fusione tra le borse di Parigi, Amsterdam e Bruxelles e che, nel corso degli anni, ha incorporato anche le piazze di Lisbona e Dublino. Non si trattava dell’unica ipotesi in campo ma, come detto, era quella più caldeggiata dal ministro Gualtieri in persona, che ha schierato l’artiglieria di Cassa Depositi e Prestiti (in tandem con Intesa Sanpaolo) per dare consistenza all’operazione.
La Francia sta conducendo una vera e propria campagna acquisti ai nostri danni: in un modo nel quale la guerra per l’informazione è sempre più cruciale, assicurare ai transalpini un accesso privilegiato a dati finanziari sensibili della nostra industria non è forse il miglior viatico. Teniamo presente che centinaia di piccole e medie imprese, alcune di assoluta eccellenza, stanno per sbarcare nei vari mercati gestiti a Piazza Affari. L’ennesima cessione all’estero ad opera del PD in una operazione che non era del tutto finanziariamente insostenibile.
Per tutte queste ragioni, “Fratelli d’Italia depositerà nelle prossime ore un’interrogazione al ministro dell’Economia Roberto Gualtieri per capire le ragioni che hanno spinto il Governo Conte a privilegiare l’offerta della francese Euronext, sia pure con la partecipazione di CdP e Intesa San Paolo, per la cessione di Borsa Italiana. Parliamo di un’operazione estremamente importante e delicata per il sistema economico e produttivo italiano della quale il Parlamento non è stato adeguamento informato, come denunciato dal Copasir nella relazione sulla tutela degli asset strategici nazionali nei settori bancario e assicurativo. Chiediamo di conoscere nel dettaglio le ragioni che hanno portato ad escludere le offerte presentate da Swiss Exchange e Deutsche Börse, seppure fossero economicamente più vantaggiose. Su questo, e tanti altri aspetti, la clamorosa reticenza del ministro dell’Economia nell’audizione segretata al Copasir non ci rassicura e pone altri interrogativi. Fratelli d’Italia pretende risposte chiare: vogliamo sapere perché il mercato borsistico nazionale è finito di fatto sotto controllo francese e il governa abbia in questo modo favorito Parigi nella sua storica strategia di predominio finanziario in Europa. Difenderemo gli interessi nazionali italiani ad ogni costo”.