Se le notizie relative alla fusione nucleare si riveleranno vere e le prospettive credibili, l’intera transizione ecologica andrà ripensata. E sarà il cambiamento meno rilevante perché cambieranno tutti gli scenari mondiali. Certo, l’entusiasmo di questi giorni degli scienziati (quelli veri, non i pagliacci che hanno imperversato negli ultimi 2 anni) andrà valutato con attenzione. Perché sul finire degli Anni 80 erano nate grandi speranze intorno alle prime dichiarazioni di altri scienziati a proposito della “fusione fredda”, poi dimenticata da ricercatori e media.
Questa volta, però, pare che i primi risultati siano attendibili. Dunque ci si prospetta l’opportunità di disporre di energia semipulita e praticamente infinita a basso costo. Quando? A partire dal 2050, spiegano gli scienziati. Che non è proprio domani, ma non è neppure una data eccessivamente lontana nel tempo. Senza dimenticare che la scienza, quando è tale, riesce ad avere accelerazioni impensabili.
Ma anche ipotizzando di poter disporre dell’energia da fusione nucleare tra poco meno di 30 anni, è evidente che tutti i parametri per lo sviluppo dei prossimi anni vanno rivisti. A partire dai Paesi che hanno basato la propria economia sull’esportazione di gas e petrolio. Hanno meno di 30 anni a disposizione per riconvertire completamente il proprio sistema economico. Dirottando i proventi delle esportazioni verso attività che diventa persino difficile immaginare. Ancor più complicato modificare il sistema formativo, se non si ha idea di quali potranno essere i settori su cui puntare e le figure professionali necessarie.
È però chiaro che si procederà verso un’economia che avrà sempre meno bisogno di manodopera poco qualificata. Un’economia dell’intelligenza che espellerà non soltanto coloro che non sono sufficientemente dotati ma anche tutti coloro che hanno una preparazione inadeguata. Cioè gran parte di chi esce dalla scuola italiana.
Ma l’Italia dovrà anche confrontarsi con un dilemma non da poco. Dimenticare i referendum sul nucleare e fronteggiare i rincari di gas e petrolio investendo sulle centrali nucleari? Il problema non è il referendum, ma il tipo di nucleare. Perché i tempi italiani sono lunghissimi ma non eterni. Il che significa che, a fronte di enormi investimenti, ci ritroveremmo tra una quindicina d’anni ad avere le prime centrali che sarebbero però ancora basate sulla fissione. Diventando quindi obsolete nell’arco di una decina d’anni.
Tanto per ribadire che i ritardi accumulati non si risolvono facilmente e solo grazie alle menzogne dei media di regime.