È estremamente istruttivo vedere come il concetto di pluralismo sia estremamente variabile. In genere gli apostoli del pensiero unico obbligatorio usano “pluralismo” come arma di distruzione di massa nei confronti di coloro che osano non allinearsi. In Italia o all’estero. Non è importante. Loro, gli apostoli, sono cosmopoliti.
Dunque ora nel mirino è finito Narendra Modi, il premier indiano. Colpevole di essere indù e, di conseguenza, fascista. Il legame induismo-fascismo è una idiozia assoluta, evidente a chiunque non sia drogato di faziosità. Ma sul Corriere spiegano che il partito nazionalista indù, a cui appartiene Modi, deriva da un’associazione creata in India nel 1925, dunque in piena epoca fascista (in Italia, mica in India, ma questo per il quotidiano di Urbano Cairo è un particolare irrilevante). E poi il cattivissimo Modi vuole occuparsi di cinema, proprio come Mussolini ed Hitler. Chiaro, allora, il legame?
Certo, di cinema si occupava anche Stalin, ma anche questo non è rilevante. Ciò che conta è che Bollywood, la Hollywood indiana, sforna film a raffica e tutti, ovviamente, pluralisti. Cioè a favore delle coppie gay, delle coppie miste, delle minoranze di ogni genere, colore e religione. Il pluralismo non comprende, se non in misura molto ridotta, le posizioni della maggioranza induista. Né in termini religiosi né, soprattutto, come visione del mondo. E a Modi questo non piace molto. Così, accusa il Corriere, è partita un’offensiva contro le grandi famiglie che controllano Bollywood.
Una vergogna! Magari il premier pretenderebbe film che dessero spazio anche alle posizioni indù: impensabile! Il pluralismo appartiene solo a chi difende posizioni politicamente corrette ed approvate dal gauchismo cosmopolita. Se Modi vuole una cinematografia che rispetti il punto di vista indù, è un prevaricatore. Un dittatore, un fascista. Deve limitarsi ad accettare e ad applaudire ciò che fanno i suoi avversari. Un po’ come le destre italiane, rassegnate e silenti.