Prendi un grande direttore d’orchestra. Organizza un concerto gratuito per ricordare il disastro provocato dalla tempesta Vaia che aveva devastato le foreste e le pinete del Trentino. Tutto bello, no? No, perché il direttore in questione è Beatrice Venezi che, per la rabbia dei giornalisti che hanno seguito i fondamentali corsi di etica professionale organizzati dall’ordine sul tema del giornalismo di genere, insiste a non farsi definire come “direttrice”.
Lei, la kattiva, preferisce “direttore d’orchestra”. E, come ordinano coloro che intervengono ai corsi, in questi casi bisogna precisare ai pochi lettori rimasti che è l’interessata a pretendere una simile, inaccettabile, definizione.
Però non basta. E, in vena di spiritosaggine, un giornalista locale nel titolo definisce Venezi “bacchetta nera”. Ovviamente l’articolo si sofferma su tutt’altro. Sul concerto di questa sera a Tenna con l’orchestra Haydn, sugli appuntamenti successivi sempre per ricordare Vaia. Ma l’importante è aver lanciato il sasso. Aver guastato l’iniziativa.
Bacchetta nera come faccetta nera. Venezi fascista sei la prima della lista. Perché deve essere chiara la sua vicinanza a quella roba brutta che è la destra italiana. D’altronde solo una schierata a destra potrebbe rifiutare l’idea delle desinenze al femminile. In attesa dell’obbligo di schwa o di asterisco.
Ma il problema è ancora più grave. Perché Beatrice Venezi è brava. Dunque bisogna impegnarsi di più per screditarla. Non fa parte dei miracolati del nuovo corso della destra fluida di governo. Lei dirigeva le orchestre anche prima. Non ha avuto bisogno di far passerella nelle iniziative dei sedicenti responsabili culturali meloniani per far carriera.
Dunque bisogna etichettarla. In modo che nell’immaginario collettivo appaia come la reproba sostenitrice di lady Garbatella e non come un grande direttore d’orchestra. Peccato che – considerando il numero dei lettori – l’immaginario sia più individuale che collettivo.