“Merito” rischia di diventare la parola più utilizzata come tabù per giovani e meno giovani. La parola che fa paura, che terrorizza, che provoca manifestazioni di protesta e ribellioni. Un po’ come “fascista”: va bene in ogni occasione, si porta con tutto. Magari “merito” e “fascista” si possono abbinare come parole d’ordine per accedere ai salotti più chic, tra un assaggio di quinoa ed una flûte di champagne (la sinistra radical chic non ha ancora capito che sarebbe più appropriata la coppa, per lo champagne).
D’altronde il merito, nei salotti eleganti di tutte le città italiane, non si sa cosa sia. Le fortune economiche delle damazze che ricevono e dei loro invitati sono, appunto, questioni di fortuna. Di eredità o matrimoni seguiti da vantaggiosissimi divorzi. Dunque perché mai i pargoli dovrebbero impegnarsi per conquistare, con merito, una pagella decente a scuola ed un briciolo di cultura da spendere nella vita?
Ed allora vai con le occupazioni delle scuole e delle aule universitarie. Perché il merito non deve avere nulla a che fare con il percorso scolastico, a nessun livello. Gli insegnanti non devono essere preparati e non devono pretendere che i ragazzi studino. La scuola – chiariscono gli aspiranti percettori di reddito di cittadinanza o di eredità famigliari – deve pensare ad includere tutti, non a favorire una preparazione che avvantaggi i migliori. Nell’Italia dei divanisti non c’è posto per i migliori. Tutti peggiori allo stesso livello.
Perché, in caso contrario, il più stupido e il più fannullone si sentirebbero discriminati, bullizzati. In effetti da anni la scuola procede alla velocità dei più asini. Sacrificando la possibilità di apprendimento di chi, al contrario, avrebbe maggiori capacità e più vasti interessi. Con il brillante risultato di impedire di valorizzare le doti di chi le possiede oppure, se le famiglie possono permetterselo, di creare una scuola davvero classista, dove chi ha alle spalle genitori benestanti e con una buona preparazione culturale può comunque crescere grazie alle opportunità garantite dalla famiglia. Con la possibilità di frequentare scuole paritarie di alto livello, di viaggiare per il mondo conoscendo altre realtà ed altre culture, di confrontarsi quotidianamente con persone preparate.
I coetanei che rifiutano il merito, invece, si ritrovano senza strumenti adeguati per affrontare il presente ed il futuro. Hanno minori chances di trovare un lavoro soddisfacente anche in termini economici, sono spinti ad accontentarsi di una vita di mera sopravvivenza. Ed allora il dubbio è inevitabile: gli organizzatori della protesta contro il merito sono i figli della gauche quinoa che vuole tener fermo l’ascensore sociale affinché la classe dirigente di domani continui a disporre di manodopera facilmente sfruttabile perché consapevole di non essere adeguatamente preparata?