Tu chiamala, se vuoi, gentrificazione. Che è, in pratica, il processo con cui i palazzinari delle grandi città individuano i quartieri degradati dove gli immobili costano poco, intervengono sulle autorità locali affinché vengano eliminati spacciatori e delinquenti vari, iniziano la riqualificazione delle abitazioni, cacciano gli inquilini poveri e mettono in vendita i nuovi appartamenti a prezzi elevati. Non è il caso di approfondire le modalità attraverso le quali un quartiere venga liberato dalla delinquenza mentre altri quartieri, poco interessanti per i palazzinari, restino ostaggio della malavita multicolore. Tanto è chiaro a tutti.
Ovviamente la gentrificazione comporta non solo il cambiamento della tipologia di abitanti, ma anche dei negozi, dei locali di ritrovo. Che sia la “Milano da bere” o il “Sistema Torino”, cambiano i prezzi ma non la logica. Soprattutto quella che prevede la progressiva periferizzazione del ceto medio. Che a Torino, a causa di una minore ricchezza e maggiore taccagneria della classe dirigente, riesce a resistere in aree semicentrali. Mentre a Milano anche le aree semperiferiche hanno ormai raggiunto quotazioni folli per le abitazioni e per i locali commerciali.
Cambia, a Milano, la classe più ricca. Gli influencer ed i nullologi di successo prendono il posto dei cumenda e dei piccoli imprenditori. Ma il ceto medio è costretto a spostarsi sempre più all’esterno. Meglio se direttamente fuori città. Evitando però le città satelliti con prezzi sempre eccessivi. Perché è vero che a Milano le retribuzioni sono più alte, ma non così alte da permettersi un alloggio a City Life o un aperitivo a Brera.
Ovviamente i palazzinari festeggiano. Però il rischio è rilevante per chi affronta notevoli sacrifici pur di far parte di questo mondo falso e dorato. Un cambiamento della moda, del fascino dei nuovi quartieri può determinare un crollo delle quotazioni degli immobili. Così come a Torino la transumanza della movida può causare il successo o il declino di una serie di locali che hanno richiesto ingenti investimenti.
Ci sarebbe, infine, un altro piccolo problema. Il fascino di Brera e degli ex quartieri operai, a Milano, era legato alle attività artistiche o lavorative del passato. Così come, a Torino, il fascino di Porta Palazzo o dei Murazzi. A forza di gentrificazione, di trasferimento in queste zone dei fighetti privi di qualsiasi fascino, si rischia di cancellare il passato senza costruire il futuro. Quartieri senza più anima, senza più vita vera. I palazzinari si sposteranno e speculeranno su altre aree, chi ha pagato cifre assurde per vivere nel cuore della città modaiola si ritroverà con una fregatura colossale.