Sarà questo caldo improvviso.
Saranno questi giorni particolari.
Sarà una questione simbolica.
Sarà.
Ma mi sono venute in mente le giostre.
Arrivavano a Padova intorno alla festa del Santo, il 13 giugno.
Erano ospitate nello spettacolare contesto dell’ex foro Boario di Padova, in Prato della Valle.
Sono stata una bambina molto amata ed un giro in giostra non è mai mancato, pesca del pesce rosso compresa.
Mutatis mutandis ho mantenuto la tradizione con i miei figli in città o al mare. Ovunque ci fossero.
L’ultima volta ricordo che sono partita da casa a piedi con mio figlio, grande camminatore, ci ho anche rimesso il menisco destro.
Ma ne era valsa la pena.
Le giostre, il loro ricordo, mi lancia in una dimensione di caldo, tenero sogno, quella in cui mi sento meglio.
E crescendo ho selezionato le mie giostre preferite.
“La giostra degli aerei.”
Simula il decollo degli aerei a raggiera.
Dopo una serie di giri, quando sei in alto, spari a raffica contro tutti e se li fai fuori vinci un nuovo giro gratis.
Mio figlio si ricorderà quella volta in cui mi ha detto, dopo una serie di vittorie “Mamma per favore possiamo perdere?”.
C’è poco da fare, la vittoria contro tutti galvanizza.
“La giostra delle gabbie volanti”.
La tecnica l’ho appresa a Belluno, meravigliosa città nella quale ho vissuto nell’età delle scuole medie.
Il segreto è il ritmo della oscillazione. Non è una questione di forza, ma di saper sfruttare e cogliere l’energia di ritorno della tua spinta.
Sta di fatto che in questa gabbia che gabbia non è, il tuo giusto efficace impulso ti porta a ruotare a 360 gradi infinite volte finché non ti stanchi o non ti fermano.
C’è poco da fare, il ritmo e l’impulso nella vita fanno la differenza.
“La giostra a catenelle”, come la chiamavo io, altalene rotanti, ha lo scopo di prendere al volo il fiocco che è appeso ad un gancio sull’antenna poco distante dal perimetro della giostra.
Io e la mia amica avevamo dei ruoli precisi.
Io ero l’esperta nella spinta fenomenale con i piedi mentre roteavamo agganciate.
Lei nello slancio a prendere il trofeo.
La vittoria era assicurata.
C’è poco da fare, squadra, sintonia, motivazione portano al risultato nella vita.
Calcinculo si chiama dalle mie parti.
Ma non è forse salvifico vincere dopo un calcio in culo? La soddisfazione è doppia.
E questo articolo doveva finire qui.
Senonché mi è arrivata la notizia del tutto inaspettata della morte di un mio compagno di scuola.
Piango.
La vita è una giostra che gira.
Stringiamoci la mano e nulla ci separerà.