Al di là dello squallore della “vicenda Lucarelli” – la nullologa ha dichiarato di essere stata aggredita con una testata anche se nei video si vede benissimo che l’aggressore colpisce soltanto il cellulare – è il momento di cominciare a definire cosa sia un servizio giornalistico. È giornalismo piazzare un microfono sotto il naso di qualcuno che, legittimamente, non intende essere intervistato? È giornalismo perseguitare sino a dentro locali privati una persona che non intende rilasciare dichiarazioni?
Ha qualcosa a che fare con il diritto o il dovere dell’informazione inseguire una persona per ottenere fondamentali pareri a proposito di corna famigliari? È giornalismo impedire a qualcuno di proseguire per la propria strada senza fornire indicazioni a proposito del suo stato d’animo in relazione alla morte di un figlio o all’arresto del padre?
Difficile crederlo, eppure gli agguati da parte di giornalisti muniti di tessera professionale e di microfono d’ordinanza sono ormai quotidiani. Anche più volte al giorno, prima e dopo i pasti. Nel silenzio assordante di un Ordine professionale che ormai preferisce occuparsi delle desinenze con doveroso asterisco.
Il fenomeno non è nuovo. Ed uno dei principali colpevoli è Eugenio Scalfari che, a Repubblica, aveva imposto il giornalismo fuffa, aveva voluto giornalisti che montassero la panna. Non più l’informazione ma il chiacchiericcio. Il pettegolezzo in prima pagina, l’analisi intelligente nel cestino. Il morbo scalfariano è dilagato, peggio del Covid. Però con le giuste precauzioni.
Si può aggredire, con telecamera e microfono allungato in stile pandemia, l’estetista improvvisata impegnata in qualche trattamento oltre il consentito; ma lo stesso trattamento non viene certo riservato a Sua Divinità Mario Draghi; si può inseguire la falsa maga che legge il futuro ed ignora il presente; ma guai ad infastidire i grandi banchieri.
È vero che è rimasto famoso un servizio in cui il fastidioso intervistatore affiancava Cuccia – senza mai permettersi di ostacolare il passo del banchiere – con domande regolarmente prive di risposta. Ma le vittime degli agguati quotidiani non hanno le medesime capacità di Cuccia e gli intervistatori non mostrano il medesimo rispetto. Quei giornalisti che ora pretendono, con maleducazione ed arroganza, risposte e persino scuse dalle loro prede, non osavano fiatare con Gianni Agnelli anche quando la Fiat stava crollando.
Domandare è lecito, rispondere è cortesia, ma per informare bisognerebbe magari studiare, documentarsi, leggere. Certo, la gogna mediatica è più semplice e molto meno faticosa.
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Condivido al 100% e aggiungerei è giornalismo pubblicare ogni giorno decine di articoli in prima pagina sui vaccini letti e interpretati solo da una parte. In compenso la percentuale di notizie dal resto del mondo è bassissima e mal interpretata.