Avanguardia di massa.
Una definizione curiosa, ma azzeccata, del Futurismo negli Anni Trenta del secolo scorso.
Quando la corrente artistica perde qualcosa in termini di provocazione, di sfida, di continua innovazione ma si trasforma in un fermento culturale vivo che permea ogni ambito della vita italiana.
Cultura che esce dai teatri e si trasferisce nel quotidiano, nella vita sociale, nell’industria, nel turismo. Ed uno dei grandi interpreti di questa nuova fase del Futurismo è senza dubbio Uberto Bonetti, viareggino.
Architetto (è lui a disegnare la villa di Curzio Malaparte a Capri e non Adalberto Libera come erroneamente era stato ritenuto, benché lo stesso Libera non abbia mai inserito l’opera tra i suoi lavori), creatore di manifesti pubblicitari ma soprattutto aeropittore.
Non solo teorico, ma anche pratico poiché rimane impressionato sin da bambino (era nato nel 1909) dagli aerei che decollavano da Viareggio e divenne dunque pilota per seguire il suo sogno.
E dall’alto vide un’Italia diversa che interpretò poi nelle sue opere dedicate alle tante città sorvolate.
È a lui che si devono gli acquerelli e le opere a tecnica mista che immortalano le città di fondazione, da Littoria a Mussolinia (ora rispettivamente Latina ed Arborea), da Carbonia a Tuscania. Ma i suoi quadri raccontano anche i nuovi quartieri realizzati in ogni angolo d’Italia. Le trasformazioni industriali, le località turistiche per un numero sempre più ampio di villeggianti.
Bonetti è davvero l’interprete del cambiamento, della modernizzazione del Paese.
Nei suoi quadri le motociclette sfrecciano rombando di fronte alle nuove costruzioni razionaliste, le fabbriche sfornano auto e macchine da scrivere, si realizzano colonie elioterapiche per i bambini, il Giro d’Italia percorre strade e attraversa città. Da Bolzano a Segezia, da Aosta a Cagliari, da Fiume a Merano, da Trieste a Sabaudia. Con una particolare attenzione alla sua Toscana. (http://www.ubertobonetti.com/ una iniziativa promossa dalla Galleria d’arte AE Arteelite).
Anni di attività frenetica, in giro per l’Italia, dal cielo o anche dal basso. Un impegno da pittore che riusciva a conciliare con le attività di grafico pubblicitario, di creatore di moda, di organizzatore di eventi come il Carnevale di Viareggio, di architetto di scena per il cinema.
Eppure Bonetti alternava il lavoro con frequentazioni culturali, a testimonianza di un periodo di grandi fermenti intellettuali. A partire da Pirandello. La Versilia era anche occasione di incontri con Balbo, con Costanzo e Galeazzo Ciano, con gli Agnelli.
Poi una sfortunata trasferta in Albania, dove si reca per preparare un film sull’eroe nazionale Scanderbeg ma da dove torna depresso, lacero, confuso.
Non si sa cosa sia successo nel Paese al di là dell’Adriatico, ma quando rientra in Italia si allontana dal Fascismo e verrà anche catturato e deportato dai tedeschi.
Le sue opere, però, impediranno sino agli Anni 70 di ottenere il riconoscimento come deportato.
L’Italia che lui aveva dipinto in modo sublime non gli perdona di essere stato grande con opere che illustravano lo sviluppo del Paese nel periodo “sbagliato”.