Ormai il clero italiano ha scelto, come punto di riferimento per la propria informazione, il quotidiano La Repubblica. Dio li fa, appunto, e poi li accoppia. Ma questa volta si tratta di un grido disperato da parte delle truppe di monsu Bergoglio: sono finiti i soldi. Siamo al “bambole, non c’è una lira” o giù di lì. D’altronde quello a cui si assiste ormai da tempo assomiglia molto all’avanspettacolo del tempo che fu. E gli spettatori latitano, spariscono, cambiano genere.
Eppure la crisi delle vocazioni avrebbe dovuto contribuire a migliorare i conti. Meno parroci da sostenere, più soldi da suddividere. Invece no. Perché insieme alle vocazioni si sono ridotte anche le donazioni. La celebre analisi di Nenni, “piazze piene, urne vuote”, può essere aggiornata dai tesorieri vaticani: “chiese deserte, casse vuote”.
Ma a preoccupare maggiormente i sacerdoti trasformati in assistenti sociali non è tanto l’ammontare degli introiti legati all’8 per mille. Calati inevitabilmente come conseguenza della crisi economica. Ma è, piuttosto, il crollo delle scelte della Chiesa Cattolica come beneficiaria. Gli stipendiati dal Vaticano temono, infatti, che il numero dei contribuenti che decide di destinare l’8 per mille a monsu Bergoglio possa calare del 25/30% nei prossimi anni. Rendendo di fatto insostenibile il mantenimento dell’intera struttura periferica.
Niente più soldi per i parroci e le parrocchie, chiese svendute per essere trasformate in teatri, in palestre, in campi da tennis al coperto, in sale da ballo.
Eppure Repubblica non riesce neppure ad ipotizzare una ragione per spiegare il disastro. Non tenta nemmeno di ricordare la voragine aperta nei conti del Vaticano dalla disastrosa operazione immobiliare a Londra, quella che coinvolge il cardinale Becciu ed i faccendieri amici degli amici. Perché sarebbe solo un tentativo di nascondere la realtà.
Se le casse sono vuote è perché sono vuote le chiese. È perché sempre meno gente è attirata dalla chiesa bergogliana che ha cancellato il sacro per dedicarsi alla sociologia, alla politica più squallida. Se il Vaticano sceglie di trasformarsi in una gigantesca Ong multinazionale, è inevitabile che i fedeli spariscano. E non bastano, per sostituirli, gli arrivi di chi è interessato a gestire le risorse rimaste per trasformare tutto in una sorta di mega gruppo turistico. Con gli ex seminari che diventano hotel, con le chiese che accolgono congressisti, con qualche nuova avventura immobiliare.