Evo Morales ha ufficializzato la propria candidatura alle elezioni presidenziali del prossimo anno in Bolivia.
La notizia era nell’aria dalla fine del 2017 quando è stato superato l’ostacolo della legge 168 della Costituzione del Paese andino che vieta la rielezione per più di due mandati consecutivi a qualsiasi carica istituzionale.
Qualora il presidente indio dovesse riuscire a vincere la competizione elettorale del 2019 resterebbe in carica fino al 2024, quasi un ventennio dalla prima affermazione giunta nell’autunno del 2005.
Quella di Morales, infatti, sarà la quarta candidatura consecutiva contando il primo mandato che non fu portato a termine per indire nuove elezioni successive alla modifica costituzionale varata dalla sua maggioranza, e poi confermata da un referendum popolare, nel 2009.
La rielezione era sembrata fortemente a rischio nel febbraio 2016 quando il referendum convocato per aggirare la legge elettorale era stato bocciato dal 51,3% dei suoi connazionali.
Il leader politico-sindacale ha deciso, però, di non correre rischi con un passaggio di testimone che avrebbe potuto premiare il suo vice Álvaro García Linera visti i precedenti tutt’altro che positivi nel subcontinente latinoamericano.
Dal proprio canto le opposizioni, che avevano esultato in occasione del risultato del referendum, denunciano i cavilli burocratici che hanno consentito al presidente in carica di oltrepassare una Costituzione varata dal proprio esecutivo.
L’unica possibilità per la destra neoliberista in vista del prossimo anno sarebbe quella di far confluire i voti su un’unica candidatura per poter ostacolare la maggioranza socialista.
Il cinquantottenne leader cocalero rappresenta oggi il vero successo del cosiddetto socialismo del XXI secolo essendo il classico allievo che ha superato il maestro confrontando gli attuali dati economici, sociali e commerciali tra la Bolivia e il Venezuela.