“La più piccola minoranza al mondo è l’individuo”
Ayn Randt era uno spirito libero. E ribelle. Certo, se oggi apriamo una qualsiasi enciclopedia, vediamo innumerevoli tentativi di incasellarla. Di ridurla a uno schema. Liberale, libertaria, anarco-liberista…in realtà, in ogni definizione troviamo un po’ di verità. Ma sono tutte erronee. Perché questa ragazza russa, che volle divenire americana in rivolta contro l’atmosfera sempre più oppressiva dei Soviet, e che divenne, in breve, una scrittrice in un lingua diversa da quella natia, e una scrittrice grande non è, come dicevo, riconducibile ad una qualche corrente ideologica.
Certo, alcune idee la vennero da von Mises e dalla Scuola di Vienna. In particolare l’avversione per ogni forma di programmazione statale che limita, e inevitabilmente opprime, l’iniziativa e la creatività del singolo.. Ma il suo individualismo non era di matrice borghese e liberale. Troppo radicale. Troppo titanico. Prodotto dall’incontro con le opere di Nietzsche. E con Stirner.
Ha scritto molto, la Randt. Opere di valore letterario diseguale. Il portato di una personalità febbrile, oltre che la spinta della necessità. Su tutte, un fluviale, infinito, romanzo distopico. La rivolta di Atlante.
Atlante. Gli uomini capaci, intelligenti. Geniali. Che reggono il Mondo sulle loro spalle. E che vengono sfruttati, spesso villipesi ed oppressi, dai mediocri che governano. E che sono espressione della mediocrità, e del conformismo delle masse.
E se si ribellassero? Se si ritirassero in un’isola, una nuova Atlantide, ideale repubblica di Anarchi? Lasciando il mondo dei mediocri al suo destino di decadenza e rovina?
Questo il tema centrale del romanzo. Che nella sua vastità ne presenta, però, molti altri, non escluso quello erotico…
Di questa rivolta l’alfiere, la figura emblematica, è il misterioso John Galt. Non uno dei protagonisti. Piuttosto l’incarnazione di un ideale di libertà. Dell’individualismo, assoluto, dell’autrice.
Non racconto il seguito. I romanzi vanno letti, non riassunti. È l’idea che mi affascina. Idea titanica. L’individuo contro la massa. L’intelligenza solitaria contro la volgarità del pensare comune. Il coraggio del singolo contro la viltà dominante.
Certo, la Randt era una sostenitrice della totale deregulation economica. Dello Stato minimo. Una libertaria. Nè poteva essere altrimenti, vista la storia personale. E il carattere indipendente sino alla ribellione.
Le sue teorie politiche, se così vogliamo chiamarle, sono discutibili. Soprattutto oggi, che un certo liberismo economico, il turbocapitalismo di Luttwak, ha mostrato il suo volto. Oppressivo e antiumano, quanto, anzi più dei totalitarismi del secolo scorso.
Ma non è questo che conta davvero.
Quello che conta davvero è la sua rivisitazione del Mito di Atlante. A reggere il Mondo sulle proprie spalle sono, in fondo, pochi individui. Misconosciuti e, spesso, oppressi. Sono Titani solitari, coscienti del loro destino. Irriducibili agli schemi. Soli, lo ripeto, di fronte all’incomprensione delle masse. Alla meschinità del potere e dei mediocri che lo detengono senza merito.
Atlante ne è il simbolo. Eternamente gravato dal peso, immane, della responsabilità. Che nasce, sempre, dalla coscienza delle cose. E da un nicciano Amor Fati.
Nel romanzo distopico della Randt, però, Atlante si ribella. E il mondo, lasciato a se stesso in mano ai mediocri, rischia il tracollo.
Mi torna in mente, più che altro per facile analogia, Leopardi. Le operette morali. Il Dialogo di Ercole e Atlante. L’ironia con cui il Titano dice che reggere la Terra da un po’ non gli pesa più. È diventata leggera. Inconsistente.
Poi, i due che giocano a palla con il Mondo. Sbagliano la presa. Il Globo cade. E si infrange in mille pezzi. In un silenzio quasi assoluto. Solo un sospiro , appena percepibile….