La natura senza l’uomo. La salute senza la vita. Sono due forme, estreme, del distorto utopismo contemporaneo. Il portato di un’epoca in cui prima la ragione ha ucciso i miti. L’immaginazione. . Infine è giunta al proprio suicidio. Riducendo chi si vantava delle proprie facoltà raziocinanti ad un bruto privo di luce. Una condizione non solo subumana, ma addirittura inferiore a quella animale.
Alla fine, si torna sempre alla lezione di Vico. Che nel suo secolo, costretto tra il puro razionalismo cartesiano e le fantasie – razionaliste anch’esse – degli utopisti, era in sostanza un isolato. Relegato in un angolo dell’Università di Napoli, a divagare su Omero e il senso del tempo. Un eccentrico…
Eppure, aveva visto giusto. La ragione, spinta alle sue massime conseguenze, dopo aver ucciso la fantasia, riconduce l’uomo ad uno stato ferino. Alla sua condizione originaria. Perché all’origine non c’è l’Eden del Buon Selvaggio. C’è l’animale feroce. O meglio, la Bestia.
Ma poiché il tempo è sì ciclico, ma non un cerchio perfetto, e sı svolge in spirale, non ritorna l’uguale. Come sosterrà, invece, Nietzsche, nella sua ansia di annullare lo scorrere del tempo storico. E il ritorno allo stato ferino, primitivo, genera, inevitabilmente, mostri. Come, lucidamente, intuisce Leopardi.
I mostri della ragione. Antiumani.
Di una ragione che crede di poter risolvere ogni contraddizione. Ogni antitesi. Anzi, lo pretende. Incurante del fatto che questo vada a scapito della vita. La neghi, perché non riducibile ad un parametro astratto.
È il paradosso, pericoloso, letale, che abbiamo visto affiorare nelle forme più estreme di ambientalismo. L’idea che siccome l’attività dell’uomo incide pesantemente sull’ambiente, e lo altera, e lo danneggia, la soluzione sta nell’eliminare la causa di tutto questo. Ovvero l’uomo stesso.
Utopia suicida, più che nichilista, che ha trovato molte declinazioni. Da quelle, economicistiche, della “decrescita felice” a quelle della necessità di ridurre radicalmente l’impatto demografico. Sostenute da certe élite, economiche, scientiste ed intellettuali, i cui ragionamenti e sguardi fanno sembrare i satanisti bambini intenti in giochi innocenti…
Sino alle forme grottesche legate alla sfera alimentare. Che è divenuta sempre più ossessiva per una tipologia umana incapace, ormai, di concepire alcunché al di là, e al di sopra, della più bassa biologia…
Vegani ideologici. Crudisti. Fruttariani. E, infine, il grado zero: i Respiriani. Che pretendono di assumere sostentamento unicamente respirando. Dall’aria e dalla luce.
Possono farci sorridere. E tuttavia mostrano a cosa possa portare il fanatismo di una ragione astratta dalla vita. Che nega l’uomo e la sua complessità. Sino al suicidio, considerato come necessario per preservare l’ambiente… Perché in queste utopie estreme l’uomo è considerato un parassita nocivo.
Possono, come dicevo, farci sorridere. E potremmo liquidarli come un pugno di strambi, quali sono, destinati a sparire. O per consunzione o, si spera, per ritorno del buon senso. E dell’appetito.
Tuttavia sono un esempio. Un paradigma, grottesco certo, di un fenomeno ben più ampio. Di una fenomenologia che stiamo drammaticamente sperimentando in massa.
Perché il passo ulteriore dell’utopismo è rappresentato dal falso sogno del diritto a non morire. O, per lo meno, a sfuggire alla malattia.
Falso perché tutti sappiamo che morire, prima o poi, è inevitabile. E perché la salute è una condizione delll’ esistenza, esattamente come la malattia. E rifiutare la possibilità, il rischio di ammalarsi e morire è un atteggiamento mentale pericoloso. Ed estremamente nocivo. Per la vita.
L’uomo che si chiude in casa, si isola rifiuta il contatto con altri, distrugge ogni relazione sociale per timore del contagio e della morte, di fatto rinuncia a vivere. È l’ipocondriaco parossistico. La versione estrema, è per nulla divertente, del Malato immaginario di Moliere…
E una società che pretende un astratto “diritto alla salute”, inteso come diritto a non contrarre malattie e non morire, è il punto d’arrivo di una ragione distorta e priva di vita. Una ragione che ha finito col degradare se stessa. È una società in cui gli uomini si stanno riducendo a bruti privi di ogni luce.
L’utopia nefasta che si nutre di paura..