Molte sono le immagini del Cosmo che ci vengono dalle più diverse tradizioni. La più suggestiva, però, resta per me quella dell’albero.
Un grande albero. Enorme. Incommensurabile.
Forse Pirandello pensava a questo, all’albero cosmico, quando descriveva la scena del suo ultimo, incompiuto, capolavoro. I Giganti della Montagna. Un grande albero al centro. Come quello che egli stesso aveva voluto nel giardino della sua villa fuori Girgenti. Villa che chiamò “Caos”. E non è certo un caso…
L’albero è una rappresentazione particolarmente incisiva di una certa immagine del Cosmo. Del suo ordine. Un ordine complesso, però. Non lineare. Contraddittorio, anzi Contorto, come i rami delle grandi piante. Un ordine che si biforca, scinde, diverge, dove ogni “realtà “ ne genera altre con un processo di gemmazione. Eppure tutti i rami vengono dallo stesso tronco. E il tronco da, profonde, radici. È anche immagine che trasmette una visione rigorosamente gerarchica. E verticale. Perché, per quanto attorto, l’ Albero tende, sempre, verso l’alto.
Molti gli alberi cosmici nelle diverse tradizioni e mitologie. Ma quello che mi torna in mente è il Grande Frassino, Yggdrasill, della Tradizione norrena. Che, secondo Roberto di Fulda, presso i Sassoni prendeva il nome di Irminsul, ed era una quercia… Ma in fondo non è questo che conta.
Yggdrasill è una rappresentazione del Cosmo. Le sue tre radici affondano tanto nel cielo che negli inferi. Animali ed esseri fantastici lo abitano. E, soprattutto, i suoi rami reggono i Nove Mondi. La terra degli Asi e quella dei Vani. Le due stirpi degli dei. Il Paese delle Nebbie e del gelo, e Jothuneim, popolato di minacciosi Giganti. E il paese degli Elfi, e quello del fuoco. E quello dei Nani e degli Elfi oscuri, ed Hell, la terra dei morti. Infine Mittgard. La Terra di Mezzo che ispirò la saga di Tolkien. La Terra degli Uomini. Il nostro mondo, in sostanza. Inconsapevolmente sospeso tra altri, fantastici e, spesso, minacciosi.
È un’immagine che mi ha sempre colpito. E fatto sognare, sopratutto. Al di là di ogni esegesi dotta o esoterica. Rende bene l’idea di come il nostro mondo non sia che una parte di una realtà superiore. E ben più complessa. Un mondo fragile. Circondato di minacce. E, al contempo, il possibile punto di partenza di un viaggio fantastico.
Perché il Grande Albero – Frassino, Quercia, anche l’Abete di Natale edulcorato e cristianizzato dal genio simbolico di Lutero – altro non è, in fondo, che una mappa. Che disegna il percorso di un viaggio straordinario.
Provate a pensare di poter evadere dalla nostra, sempre più angusta, Terra di Mezzo, e di arrampicarvi lungo il tronco e per i rami. Come gli sciamani siberiani nell’estasi, indotta dall’alcol e dalla musica.
E di visitare, così, gli altri otto mondi.
Colloquiare con gli spiriti dei morti, come Ulisse con l’ombra dell’Indovino Tiresia.
Attraversare le lande desolate del ghiaccio e delle nebbie per incontrare Ymirr, il gigante progenitore degli uomini.
Vedere Sürtür, tra le fiamme, forgiare la spada di fuoco con cui, nel giorno fatale di Ragnarok incendierà l’intero cosmo. E l’albero arderà. Per poi rigenerarsi in una nuova era…
E poi, ancora, incontrare Elfi e Nani, Dee stupende dagli occhi di smeraldo e capelli di sole al tramonto sciolti nel vento…
E bere birra aspra nella grande sala del Walhalla, ascoltando i canti degli skaldi e la profezia della Veggente…
Fantasie, certo. Infantili, forse. E sogni. Che mi riportano ai primordi. Ad ataviche memorie in cui non vi è posto per, algide, Città Perfette, con i loro meccanismi precisi ed opprimenti. In mondi dove non si incontra la pace, e dove nessuno ti promette la sicurezza e l’immortalità fisica . Dove, tuttavia vi è l’avventura e gli uomini sono uomini veri, e camminano e lottano a fianco degli Dei…
Certo, fantasie. Solo fantasie e sogni. Ma che danno respiro all’anima…