Il Rinascimento sognò la Città Perfetta. Il sogno di Leon Battista Alberti, e di tanti altri… Ma l’Alberti di quel sogno ci ha lasciato traccia nei suoi disegni, progetti, scritti… Perché il fiorentino – di origine, ma genovese di nascita, ché la madre era una Fieschi, e però cresciuto culturalmente a Venezia e Padova – era uno di quei geni eclettici che hanno fatto grande ed unica la stagione del nostro Rinascimento. Forse il primo, visto che Leonardo venne dopo…
Era architetto, certo, e Sant’Andrea di Mantova e la facciata di Santa Maria Novella ci mostrano di cosa era capace. Ed anche letterato, poeta… Ma soprattutto era filosofo e matematico. E come tale inseguiva la Divina Proporzione. La sezione aurea. In tutto. Nelle forme del corpo umano, come si vede nel “De statua”. E nell’urbanistica. Perché la sua Città Perfetta non era solo questione di vie e di piazze, di progetti e planimetrie. Doveva essere l’incarnazione nella pietra di un’Idea.
Luminosa, perché la luce che la doveva pervadere veniva dal puro intelletto. Equilibrata, perché l’equilibrio è il fontamento del Cosmo. L’ordine scaturito dal Caos per azione di Eros.
Armoniosa. Perché tutto, nel creato, è armonico.
E bella. Perché la bellezza è la forma in cui si manifesta lo Spirito.
Penso ad Alberti. E ad altri. Ad Al Farabi, ad esempio. Che Tommaso d’Aquino chiamava Doctor Secundus. Il primo, naturalmente, essendo Aristotele. Al Farabi che nella sua “La città perfetta” instaura uno stretto legame fra l’armonia del paesaggio urbano e quella delle istituzioni. Che determinano un’atmosfera tale da favorire negli uomini l’elevarsi dello Spirito. Il nobilitarsi dell’animo.
Penso a questo, mentre passeggio per le vie di Roma. Non nella degradata periferia. Nel Centro Storico, tra Piazza Venezia e Largo Argentina. Tra monumenti e memorie di un passato in cui la Città era grande. E bella. Certo, non giunse mai alla perfezione della Città Sognata. Quella è, appunto, Utopia. Il luogo che non c’è. Non vi è giunta Roma, come non vi era giunta Babilonia coi suoi lussureggianti giardini pensili. E neppure Atene, con l’Acropoli nata dal genio di Fidia. E dalla volontà di Pericle…
Però ci avevano provato. Perché non è importante che i sogni si realizzino. Quello che conta davvero è inseguirli. Perseguire la bellezza. L’armonia…
Ma oggi… Oggi di tutto questo ci siamo dimenticati. Gli uomini si aggirano tra tante vestigia senza neppure vederle. Estranei. Prigionieri nei loro incubi. La disarmonia, la bruttezza prevalgono ovunque. Sporcizia. Monopattini. Mascherine indossate o gettate al suolo. Sciatteria. Il paesaggio umano è desolante.
Abbiamo dimenticato l’utopia della città perfetta. Ci interessa solo che sia comoda. E sicura. Comodità e sicurezza non stimolano l’intelletto. E impigriscono l’anima. Non ripagano, poi. Perché la città è oggi più insicura, disagevole, faticosa di quanto lo sia mai stata nel passato.
Quando gli uomini sognavano la Città del Sole. Non il moderno allevamento di polli dove oggi molti, troppi, anelano a sopravvivere. Dimenticandosi che i polli conducono esistenza ben triste. Prima di finire in pentola.