Un mondo immaginario. Ricostruito solo attraverso i libri. Una letteratura integralmente immaginaria, come la lingua, anzi la Babele di lingue in cui è stata scritta…
Il sogno di Borges. Tlön, Uqbar, Orbis Tertius. Uno dei suoi primi racconti. E, al contempo, uno di quelli che maggiormente rivelano il suo mondo interiore.
In fondo, è il sogno di ogni scrittore, soprattutto di quelli autenticamente grandi, creare un Mondo con le proprie parole. Perché Dio, indipendentemente dal nome o i nomi, creò il Cosmo con la parola. E, secondo la Genesi, conferì ad Adamo il potere di dare nome alle cose e agli animali.
Innumerevoli i mondi immaginari, utopici, distopici, della letteratura.
Gormenghast, generato dal delirio neogotico di Mervyn Peak. Un, enorme, labirintico Castello, in un’isola fuori dal tempo e dallo spazio. Vicende contrassegnate da complessi e arcani rituali…
Sorvolo, ovviamente, sulla Terra di Mezzo di Tolkien, e sulla Narnia del suo amico Lewis, cui si può avere accesso entrando in uno strano armadio… Troppo note, inutile parlarne. Così come l’universo di Harry, stranamente alieno, eppure coincidente col nostro…
Tuttavia nessuno, forse, ha saputo generare un mondo solo attraverso le parole, l’amore per le parole e per la letteratura, come Borges. E questo nonostante la brevità del racconto, ché la sintesi, anche estrema, era la sua cifra stilistica. E la manifestazione del suo genio.
Borges viveva in un universo fatto di parole. Di libri. Di riferimenti. Sin da giovane, ben prima di divenire progressivamente cieco. Anzi, in qualche modo, la cecità gli conferì una sorta di veggenza. Come ad Omero.
Il suo cosmo, Uqbar, Tlön… è, a ben vedere, un’immensa biblioteca. E una Babele di lingue. In cui si aggirava con la sicurezza di chi quel labirinto – perché, poi, alla fine, di questo sempre si tratta – conosce in ogni suo, più riposto, segreto.
Umberto Eco, che non amava il poeta argentino, lo ha perfettamente, anche se crudelmente rappresentato nel Venerabile Jorge di Burgos. La figura più inquietante de “Il nome della rosa “.
In questo Eco non aveva tutti i torti. Borges è inquietante. Ed inquietante è l’idea, sottesa al suo racconto, che si possa produrre un mondo, una civiltà, solo con i libri. Con le parole.
Certo, idea suggestiva e affascinante per coloro che amano i libri. Per coloro che nei libri non cercano la piatta realtà quotidiana, ma un’alternativa. Una via di fuga verso un altrove immateriale. Eppure ben più concreto delle cose che si possono toccare con le mani…
Ma, a ben vedere, è comunque un’idea che, pensata in tutte le sue implicazioni, non può non lasciarci inquieti.
Le parole, le narrazioni non si limitano a descrivere l’esistente. Hanno il potere di modificarlo. Di trasformarlo. Un potere magico. Che risale a quando poesia e magia erano una cosa sola. Come Borges sapeva bene.
I grandi poeti hanno creato mondi meravigliosi, in qualche misura incidendo sulla realtà. E modificandola.
Ma oggi, i Media, volgari e massivi, possiedono una capacità di veicolare le parole con una forza di persuasione mai vista prima. Una magia forse inconscia. Certamente Oscura. E stanno costruendo intorno a noi un mondo Irreale. Che però pervade le menti e rende ciechi, ottusi gli uomini…
Una Biblioteca di Babele infernale. Un incubo Gotico, che fa impallidire all’orizzonte l’ ombra di Gormenghast.