Che cos’è stato il Novecento Italiano, il piccolo gruppo di pittori che si forma a Milano nel 1922 intorno a Sironi e al critico Margherita Sarfatti, e che nella seconda metà degli anni Venti si allarga fino a raccogliere nelle proprie mostre tanti grandi artisti, da Carrà a Casorati, da Wildt ad Arturo Martini, da Campigli a de Chirico? E’ stato un raggruppamento artistico-culturale, appoggiato dal fascismo, come molti critici l’hanno considerato? O è stato piuttosto un movimento che ha saputo intercettare le migliori voci dell’arte fra le due guerre?
In questo saggio, frutto di oltre vent’anni di studi, Elena Pontiggia ne ricostruisce la storia. Con un linguaggio chiaro e leggibile analizza per la prima volta in tutta la loro completezza le relazioni del “Novecento” con l’arte francese e tedesca, i suoi rapporti col regime (Sironi e compagni erano tutti convintamente fascisti, ma le loro opere non diventano mai una ”arte di Stato” e di propaganda).
Ricostruisce così anche il panorama artistico dell’epoca, con una mole di dati inediti e un ricco apparato di immagini, prese anche dalla vastissima collezione della VAF-Stiftung: la fondazione tedesca, fondata da Volker Feierabend, che da mezzo secolo si è data lodevolmente come scopo la promozione dell’arte italiana moderna.
Il libro muove dalla poetica del movimento, che spesso è stata incompresa o addirittura negata. Era una poetica in sintonia col Ritorno all’ordine e aspirava a una moderna classicità, cioè tornava a guardare ai maestri del passato, senza però copiarli. Era una poetica, ancora, venata di suggestioni platoniche. Margherita Sarfatti era appassionata di Platone, e citava spesso nei suoi articoli sul “Popolo d’Italia” il Filebo e il Teeteto, ma anche il “Novecento” era un movimento idealista: rifiutava l’arte di impressione (il suo maggior nemico era la pennellata sfarfalleggiante e volatile dell’impressionismo) , in nome di una ricostruzione solida della forma, di un disegno che non nasceva dallo sguardo, ma dall’idea dell’artista. I paesaggi urbani di Sironi, per esempio, si ispirano alla Milano del dopoguerra, ma non derivano da una visione realistica. Le sue strade, le sue case, le sue prospettive si cercherebbero invano all’ombra del Duomo.
Molte sculture e bassorilievi di Arturo Martini, raccolti in quell’eccezionale Acropoli delle Arti di Villa Ottolenghi, evocativa location dei Premi Acqui Storia ed Acqui Ambiente, ne sono una plastica ed autorevole esemplificazione.
Il libro raccoglie le parole dei protagonisti del movimento, anche se non si trovano in un manifesto, che non esiste (in accordo con lo spirito classicheggiante dell’epoca, sospettoso verso le dichiarazioni programmatiche), ma in scritti d’occasione, come lettere, interviste, articoli di giornale. Come in tutto il Ritorno all’ordine, comunque, gli ideali classici non sono un arretramento, una forma di revisionismo, un facile ripiego rispetto agli slanci innovativi delle avanguardie. I principali novecentisti dalle avanguardie provenivano e la loro svolta classica era tutt’altro che comoda perché era osteggiata sia dai futuristi che dai passatisti. La restaurazione del “Novecento” è anch’essa una rivoluzione espressiva.
All’epoca la critica denunciava la diversità degli artisti che esponevano nelle rassegne novecentiste (come se decine e decine, a volte centinaia, di pittori e scultori potessero essere uguali). In realtà, anche se effettivamente alla fine degli anni venti le maglie si allargano e vengono accolte troppe figure minori, l’obiettivo era quello di diventare una sorta di Quadriennale di Roma. “Il 900 non è una chiesuola”, diceva Sironi.
Il libro analizza infine capillarmente le vicende del movimento, a partire dalle sue mostre in Italia e all’estero: a Milano e Parigi nel 1926; a Ginevra, Zurigo, Amburgo, Berlino e Amsterdam nel 1927; a Lipsia e Madrid nel 1928; ai Milano, Nizza, Ginevra, Berlino e Parigi nel 1929; a Basilea, Berna e Buenos Aires nel 1930; a Stoccolma nel 1931; a Parigi e Praga nel 1932. Siamo di fronte insomma alla storia di un movimento artistico che è anche un frammento della storia d’Italia.