La morte di un’elefantessa nello Stato del Kerala, nell’India meridionale, ha suscitato stupore e rabbia in tutto il mondo. Le strazianti immagini dell’animale in fin di vita che cerca sollievo in un fiume sono state postate da un ufficiale forestale, che ha partecipato ai tentativi di soccorso.
L’elefantessa era uscita dalla foresta del Silent Valley National Park e sembra sia morta a causa dei danni riportati dopo l’esplosione dei petardi che erano stati fissati nell’ananas ingerito, ma non può essere dimostrato che si sia trattato di un gesto intenzionale dell’uomo. Gli elefanti sono animali profondamente rispettati dalla popolazione locale. Un fatto cruento, purtroppo non isolato in India, dove la povertà innesca episodi di conflitto tra uomo e animale, poiché gli elefanti si avvicinano spesso agli insediamenti umani a caccia di cibo.
È la testata giornalistica The Wire a fare chiarezza sull’accaduto. Quello che è successo all’elefante è straziante, ma sembra che si sia trattata di una tragica coincidenza su cui parecchie persone hanno speculato, dai politici che ne hanno fatto propaganda, fino alle alte cariche pubbliche e ai giornalisti che hanno approfittato della notizia per potere fare titoli sensazionalistici per attirare le attenzioni dei distratti lettori. La storia dell’elefantessa morta ha fatto da sfondo alla Giornata Internazionale dell’ambiente, amplificando l’impatto emozionale. Tuttavia non è stato messo in risalto che l’utilizzo di esche esplosive non è inusuale in Kerala e che purtroppo rappresenta uno strumento legale. La pericolosità di queste esche è fuori discussione ma utilizzarle è lecito per i contadini.
Pochi sanno che è pratica comune farcire gli ananas di esplosivi tra gli agricoltori in India. È un metodo utilizzato per spaventare i cinghiali che distruggono le fattorie. Lo stesso governo di Kerala, a marzo, ha emesso un’ordinanza che autorizza le guardie forestali a sparare ai cinghiali che danneggiano le loro colture. Addirittura è consuetudine celebrare da parte di molti distretti queste uccisioni. Dovremmo quindi per un attimo fermarci a riflettere sul perché ci si indigna tanto per l’uccisione accidentale di un elefante, ma si festeggia per quella intenzionale di un cinghiale. Le precisazioni non minimizzano la portata della storia, ma inquadrano meglio le responsabilità dell’uomo. È triste sapere che l’animale è morto dopo essersi imbattuto in una trappola concepita dai contadini del posto per evitare che cinghiali e altre specie selvatiche diano l’assalto alle coltivazioni.
Cosa sia successo davvero è oggetto di indagini, da una parte sembrerebbe che l’ananas farcito di petardi non fosse diretto all’elefante mentre dall’altra parte c’è chi sostiene che qualcuno abbia ucciso intenzionalmente l’animale per un gioco macabro con crudeltà. Intanto la polizia indiana ha arrestato un uomo, e sta indagando su altre due persone, per fare luce su una questione condivisa dal mondo intero che si è stretto in una condanna unanime per l’accaduto.
L’uccisione dell’elefante è stata usata come pretesto per sollevare una campagna a sfondo socio politico. Tutto è partito quando il ministro delle donne e dello sviluppo infantile, Maneka Sanjay Gandhi, ha detto che l’elefante è morto nel distretto di Malappuram, e non come riportato dalle autorità a Palakkad.
Malappuram si trova nel nord del Kerala e la sua popolazione è per il 70% musulmana. L’attivista per i diritti degli animali Gandhi su Twitter ha specificato che Malappuram è nota in tutto il mondo per la sua attività criminale nei confronti degli animali.
In Africa gli elefanti vengono macellati senza sosta dai bracconieri per le loro preziose zanne ma anche in Asia la loro fine non è delle migliori. In India tre elefanti su quattro sono vittime di crudeltà e maltrattamenti, è quanto denunciato da un rapporto realizzato dall’organizzazione senza scopo di lucro per il benessere degli animali World Animal Protection. L’organizzazione ha esaminato le condizioni di oltre tremila elefanti utilizzati per attività turistiche in sei paesi asiatici, rilevando numerosi casi di maltrattamento sui pachidermi.
Gli elefanti sfruttati nel settore turistico vivono costantemente incatenati, mentre in natura sono abituati a percorrere fino a cento chilometri al giorno. Gli elefantini vengono strappati alle madri privandoli della loro spiccata socialità per subire addestramenti intensivi con metodi coercitivi, con lo scopo di ammansirli. Questa pratica, chiamata phajann, servirebbe proprio per rendere docile l’elefante e consentire all’addestratore di addomesticarlo con facilità. Sono stati documentati numerosi casi di elefanti deceduti in seguito alle percosse o che smettono di alimentarsi perché provati da quei metodi violenti. Ogni anno questo tipo di turismo, sulla pelle dei poveri animali, sposta più di 110 milioni di persone in tutto il mondo. I turisti, in modo inconsapevole, finiscono per sostenere delle attrazioni che non solo tengono gli animali in pessime condizioni, ma fanno anche danni notevoli in termini di conservazione della specie.
Non dimentichiamo mai che il turismo causa sofferenza agli animali in ogni angolo del globo e non solo agli elefanti impiegati per trasportare i turisti in Asia. Animali costretti a condizioni di lavoro impossibili durante la stagione estiva. Troppo spesso i turisti, distratti dallo spirito della vacanza, non hanno senso critico su come vengano sfruttati gli animali. Una realtà che si traduce in un fiume di denaro che alimenta questo settore.
I turisti possono avere un ruolo determinante nel benessere degli animali, non acquistando pacchetti di viaggio in cui siano presenti attività di sfruttamento degli animali. Dai delfini che nuotano in vasche troppo piccole, ai coccodrilli tenuti al guinzaglio, agli orsi che ballano in gonnellino, agli scimpanzé vestiti da donne, riflettiamo su queste attrazioni turistiche locali. Alcuni tipi di turismo faunistico non danno priorità ai diritti degli animali. Un lungometraggio del National Geographic, Suffering Unseen, descrive scene scioccanti di elefanti incatenati, tigri sedate nei circhi, invitandoci come turisti ad attuare interazioni etiche con gli animali per tutelare la fauna selvatica. Una migliore comprensione per trasferire una maggiore consapevolezza su come dovrebbe essere il turismo con gli animali. Scegliere scenari incontaminati che rivelano la bellezza di un ghepardo che corre nella prateria o un orso che pesca un salmone o un ruggito di un leone in piena notte. La bellezza della natura che si fonde con la dignità degli animali e della natura.
L’episodio oltre a sensibilizzare l’opinione pubblica sui maltrattamenti ha innescato anche tanti gesti d’affetto per l’animale, in modo particolare sui social, dove numerosi artisti di tutto il mondo hanno dedicato al pachiderma tanti dipinti e vignette commoventi. Alcuni artisti indiani hanno realizzato bellissime statue di sabbia raffiguranti l’elefantessa e il suo piccolo. Come sosteneva Indira Ghandi “È tutto collegato. Quello che accade ora agli animali succederà in seguito all’uomo. Il compito più alto di un uomo è sottrarre gli animali alla crudeltà”.